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Il futuro prossimo (e ridotto) che ci aspetta

Hyundai Motorsport è molto motivata per il Rally di Australia

Improvvisamente il mondo di ciascuno di noi è tornato ad essere infinitamente piccolo – le mura di casa – e le distanze fisicamente incolmabili come quando Colombo cercava le Indie e trovò l’America. Niente aerei, niente auto, persino niente biciclette. Soli. Ma uniti dalla necessità e dalla voglia di battere il piccolo gigantesco mostro che ha ribaltato la nostra vita ed il mondo intero. Finirà la guerra, e finirà con la nostra vittoria. Ma anche con un mondo diverso da prima. Speriamo migliore, certamente diverso.

Economia e rapporti sociali, cooperazione internazionale e approccio al lavoro e agli altri cambieranno. E sullo sfondo, lo sport dovrà fare altrettanto, ovviamente automobilismo compreso.

Un mese fa questo editoriale festeggiava i nuovi montepremi e le migliori prospettive per i “piccoli”, a trenta giorni di distanza il tema diventa se (quando e quanto) si tornerà a correre.

La cancellazione (non il rinvio) del GP di Monaco – in programma il 24 maggio – è la prova provata che il ritorno alla normalità è di là da venire ed è sciocco, o peggio ipocrita, farsi illusioni. La F.1 a fine marzo dà come nuovo appuntamento d’apertura il GP dell’Azerbaijan il 7 giugno. Di fatto in coincidenza con il Rally d’Italia mondiale, che con lo stop a quelli di Argentina e Portogallo ad oggi sarebbe – e il condizionale si impone per problemi di trasferimento dei partecipanti e di copertura dei servizi medici – il prossimo appuntamento iridato.

Il CIR, che ha già ‘saltato’ Ciocco (spostato a giugno, a due settimane dal Rally d’Italia) e 1000 Miglia, parla di un avvio al 10 maggio in Sicilia, ma come crederci?

L’isolamento imposto dal Governo è destinato ad essere prolungato (si parla di un mese al momento in cui scrivo), ed il culmine dei contagi è ora annunciato per metà aprile: difficile credere che poi in pochi giorni tutto tornerà a regime e si ricomincerà a correre.

Solo pensare che siano disponibili forze dell’ordine e ambulanze per le prove speciali mentre oggi non ce ne sono a sufficienza per le esigenze ospedaliere, sembra utopia. Per non parlare degli ufficiali di gara e degli stessi piloti. Ammesso che torni presto la libertà di muoversi sul territorio, chi avrà tempo, voglia e possibilità di andare alle gare?

E senza considerare che anche nella migliore delle ipotesi qualunque data, vecchia o nuova che sia, dovrà passare al vaglio della compatibilità con il resto del mondo, ed in particolare delle altre manifestazioni sportive (facciamo il rally o la tappa del Giro d’Italia o la sagra della salsiccia?)

E allora? Il migliore degli orizzonti temporali per l’attività 2020 è oggi da fine giugno a fine novembre, rimettendo agosto nei mesi potenziali di attività. Per mille ragioni la priorità dovrà essere data al salvataggio dei campionati maggiori. E per logica più che recuperare le gare attualmente rinviate ci si dovrà basare sui rally previsti più avanti nel calendario. Inevitabile conseguenza, i massimi campionati federali rinunceranno ad alcuni appuntamenti previsti, puntando ad arrivare al 70% del calendario per assegnare i titoli.

Il resto ci ruoterà attorno compatibilmente e tenendo anche conto degli effetti economici di una cancellazione: limitati se l’organizzatore è un AC, forse determinanti per la sopravvivenza se l’organizzatore è un privato. Senza dimenticare i team, che hanno la necessità di fare attività per non fallire. E pure l’ovvia previsione di una ulteriore rarefazione degli sponsor.

Ma l’importante sarà riuscire a ripartire. Per la (nuova) normalità sarà il caso di guardare al 2021.