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Jutta Kleinschmidt: prima e (unica) a vincere la Dakar

Jutta Kleinschmidt

La sua fu un’impresa storica, oltre che una storia di emancipazione femminile e sfida agli stereotipi di genere, tanto che a breve dovrebbe esserne fatto un film. Nel suo lungo curriculum, la ex pilota tedesca vanta ben 17 partecipazioni alla Dakar – 3 in moto e le 14 consecutive in auto – ottenendo 3 podi e 6 posizioni nella Top 5 della classifica generale.

Dopo aver esordito nelle competizioni dei rally raid africani con le motociclette, Jutta Kleinschmidt passò allo stesso tipo di competizione sulle quattro ruote diventando la prima e unica donna a vincere la Parigi-Dakar, nel 2001 su una Mitsubishi. Nelle edizioni successive della corsa ha partecipato anche a bordo di vetture diverse come la Volkswagen Touareg e la BMW X3. Nel 2008 ha vinto la 24 Ore del Nürburgring nella classe S2 al volante di una BMW 330d, condivisa con Thomas Haider, Rainer Kutsch, Marc Hiltscher, arrivando sessantesima nella classifica generale.

Ma Jutta Kleinschmidt è entrata nella storia vincendo la Parigi-Dakar. Era il 21 gennaio 2001. Ancora oggi, e in tutto questo tempo, Jutta è ancora la prima e unica donna a essersi fregiata di questo titolo. Classe 1962, vinse la 23a edizione di quella che ancora oggi è la gara automobilistica e motociclistica più difficile e famosa del mondo, nella categoria auto su una Mitsubishi Pajero in 21 giornate di rally, in cui vennero disputate 20 tappe con 20 prove speciali.

La sua fu un’impresa storica, oltre che una storia di emancipazione femminile e sfida agli stereotipi di genere, tanto che a breve dovrebbe esserne fatto un film. Nel suo lungo curriculum, la ex pilota tedesca vanta ben 17 partecipazioni alla Dakar – 3 in moto e le 14 consecutive in auto – ottenendo 3 podi e 6 posizioni nella Top 5 della classifica generale.

La pilota della Mitsubishi ha battuto il compagno di squadra giapponese Hiroshi Masuoka, mentre il francese Jean-Louis Schlesser, vincitore nel 1999 e nel 2000, è arrivato terzo con il suo Buggy.

“È incredibile”, aveva detto la trentottenne Kleinschmidt. “Ma abbiamo fatto quello che dovevamo fare non prendendo troppi rischi. La macchina era molto solida ma non era la più veloce. Non abbiamo commesso errori di navigazione e non abbiamo commesso errori di guida. un ringraziamento al mio copilota, Andreas Schulz. Schlesser sembrava destinato a vincere per la terza volta consecutiva dopo la penultima tappa di sabato, che ha vinto, prima di essere punito con un’ora di penalità per comportamento antisportivo”.

Il francese è stato punito per aver iniziato la tappa davanti a Masuoka, che allora era in testa al rally e avrebbe dovuto partire per primo. Al pilota giapponese, che ha guidato la gara per undici giorni, una foratura della gomma posteriore sinistra ha negato ogni speranza di vittoria alla vigilia dell’arrivo del rally. A Schlesser la consolazione di aver vinto l’ultima tappa, un tratto cronometrato di 25 km sulle rive del Lac Rose, fuori Dakar.

Chi è l’unica donna vincitrice della Dakar

Jutte nasce a Colonia, per poi trasferirsi in Baviera con la mamma single e le tre sorelle. Di estrazione sociale molto bassa, si appassiona sin da subito agli sport di velocità, fino a che, a 18 anni, non avendo i soldi per comprarsi un’auto, opta per una moto usata. Da lì ha inizio la sua passione.

Inizia la sua carriera con le moto, per poi proseguire sulle 4 ruote. In un primo momento gareggia nei really come copilota di un uomo con il quale è anche fidanzata, il francese Jean Louis Schlesser, un nome importante nel nome delle corse, che nel 1998, quando Jutta corre da sola ed è davanti a lui, la prega di aspettarlo perché non riesce a tollerare che una donna sia più veloce di lui. Tre anni dopo – in quel famoso 21 gennaio 2001 – lei arriva prima, lui secondo.

Questo è quello che la Kleinschmidt ha dichiarato in un’intervista avvenuta nel 2016, ricordando la sua gloriosa impresa: “Nell’ultima tappa di Dakar, nel 2001, il mio sogno più grande si è avverato. È una sensazione meravigliosa. Attraversando il traguardo mi sono liberata di un’enorme pressione che avevo addosso. Dopo quasi 10.000 chilometri ero in testa alla corsa con solo 2 minuti e 53 secondi di vantaggio sul secondo classificato. Bastava restare bloccata nella sabbia o avere una gomma a terra per perdere la vittoria. Cosa significhi la vittoria, me ne sono reso conto solo settimane dopo”.

Il suo contributo al mondo dello sport non è solo quello che ha dato come pilota: dopo la vittoria, è stata chiamata da una celebre casa di automobili a sviluppare prototipi di auto da corsa innovativi, entrando a far parte di una squadra di professionisti quasi interamente al maschile. Ancora una volta, riesce a distinguersi in modo fatto prevalentemente da uomini.

Oggi è una speaker motivazionale e allenatrice. La sua storia, di cui ha scritto un libro, dal titolo “My Victory at Dakar”, ispirerà un film: nel 2020, infatti, la Amblin Partners di Steven Spielberg ha acquistato i diritti di sfruttamento cinematografico della sua vita e dei relativi diritti del suo libro autobiografico. Pare che a dirigere la pellicola sarà David Leitch, regista di John Wick e Deadpool 2, tra gli altri.

Specie negli ultimi anni Jutta si è impegnata molto per incentivare una sempre maggiore partecipazione femminile al mondo automobilistico dei rally. Nel 2015 ha organizzato il “WIMC-QMMF Women’s Cross Country Selection”, un campo di selezione di piloti da corsa per incoraggiare un maggior numero di donne a praticare il cross country.

È anche membro della FIA WIMC (Women & Motor Sport Commission), il cui obiettivo, come dichiarato da lei stessa, “è quello di creare una cultura sportiva che faciliti e valorizzi la piena partecipazione delle donne a tutti gli aspetti dello sport motoristico“.