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Il Rally Roma Capitale saluta i rosiconi in controsterzo

Alessio Profeta-Sergio Raccuia, Skoda Fabia R5 #73

Il Rally di Roma Capitale è stato straordinario per il duello al vertice tra De Tommaso-Ascalone, nuovi Imperatori di Roma, e Crugnola-Ometto, alla fine quinti ma perché traditi dalla Citroen. Era la tappa italiana dell’Europeo Rally e, di conseguenza, la tappa più prestigiosa del Campionato Italiano Assoluto Rally. Il suo successo si fonda sulla straordinaria visibilità che è riuscito ad ottenere, grazie ad una scenografia fantastica. Da fare invidia a qualsiasi genio del marketing che non si chiami Max Rendina.

Milioni di turisti si recano a Roma per un selfie davanti al Colosseo. Si provi ad immaginare il valore e il prestigio che lo stesso monumento conferisce ad una competizione sportiva. Avete visto che belle immagini? Giusto sacrificare un paio di chilometri su 280 per la promozione del proprio rally e dei rally più in generale. La maggior parte delle critiche alla gara romana sono arrivate da chi voleva correrci e non ha potuto per limiti fisici e di età, da chi vorrebbe portare via il “giocattolino” a Rendina, da chi non è capace di portare la partenza del proprio rally nel centro città da cui trae il nome.

Cosa ci lascia, dunque, il Rally Roma Capitale? Ci lascia il buon esempio. La via da seguire: più chilometri e meno garette, più spettacolo, più passione, più coinvolgimento del pubblico e della città ospitante (se si può fare a Roma non si può fare in altre città?), più spirito di iniziativa e capacità di comunicazione e marketing (nel concreto, non laureandosi su Twitter o su Facebook), no a parchi assistenza in mezzo ai parcheggi delle zone industriali. Il rally deve essere un piacere non un fastidio. Per chi lo guarda, per chi lo vive e per chi lo subisce, visto che ogni manifestazione comporta anche dei disagi.