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Ibrido nei rally, il pericolo del fuoco e i dubbi dei manager

Ibrido nei rally, il pericolo del fuoco e i dubbi dei manager

Ibrido nei rally sì, ibrido nei rally no. Che si fa? Come al solito non si fa nulla e si recepisce passivamente l’incedere degli eventi. La Federazione Internazionale dell’Automobile continuerà a correre dietro ai quattrini e agli interessi dei Costruttori. Questi ultimi, numericamente sempre meno, e con in mano i loro smisurati budget da spendere continueranno a fare il bello e il cattivo tempo.

Infatti, Hyundai, Toyota e Ford hanno rispettato il termine per inviare l’adesione alla serie iridata 2022 dove saranno protagoniste le nuove Rally1 Hybrid. Per quanto mi riguarda, ma è solo un’opinione personale che potrebbe anche trovarmi in disaccordo con qualche collega del giornale o con qualche lettore, sono contrario all’elettrico nei rally.

Ibrido è un nome di comodo che la FIA e quei marpioni di alcuni ingegneri meccanici gli hanno dato, per non pronunciare il termine “elettrico”, che inevitabilmente farebbe venire in mente la corrente elettrica e il fuoco. Il fuoco, il peggior nemico di ogni essere umano che resta intrappolato. M’importa ben poco del rumore, se in ballo c’è la vita.

L’ibrido nei rally non piace. Ma sembra lo si debba avere per forza. Ma io sono un cronista appassionato, se volete anche incompetente. Però, il dubbio, in me, si rafforza quando in conferenza stampa, con centinaia di giornalisti collegati, è addirittura Akio Toyoda in persona, numero uno della Toyota e presidente della Japan Automobile Manufacturers Association, a dire che “i veicoli elettrici sono sopravvalutati”.

“I veicoli elettrici sono sopravvalutati”. Lo ha detto lui che presiede la Casa che oltre venti anni fa ha inventato questa inutile tecnologia e che ha aggiunto: “Più veicoli elettrici produciamo, più salgono le emissioni di anidride carbonica”. Una tecnologia che ha sempre creato dubbi e che non è mai riuscita a fare breccia sul mercato della produzione di serie. Ma Jean Todt e compagni vogliono rilanciare l’elettrico nei rally. Dunque, che si fa? Togliamo l’acqua ai rally, dopo avergli tolto la notte, i chilometri e le mulattiere di montagna? Eppure basterebbe cambiargli nome per risolvere il problema…

Akio Toyoda ha messo sotto i riflettori, per usare parole sue, “l’eccessivo clamore” sulle auto che si attaccano alla spina della corrente e la mancanza di adeguate valutazioni sulle conseguenze di una eventuale adozione della mobilità a zero emissioni. Secondo Toyoda, il sistema collasserebbe.

Dove sta l’equivoco? Nel valutare la sostenibilità di questa tecnologia, i più non prendono in considerazione le emissioni di anidride carbonica prodotte dalla continua generazione di elettricità e non prendono in considerazione neppure i costi sociali della transizione energetica.

Il presidente della Toyota ha spiegato, facendo un esempio, che il Giappone andrebbe incontro a un blackout nel caso in cui tutto il parco circolante fosse alla spina. Non basterebbero 450 miliardi di euro nel solo Giappone per realizzare un’infrastruttura in grado di sopportare una situazione del genere.

“Quando i politici dicono liberiamoci di tutte le auto che usano la benzina, capiscono cosa significa?”, si è domandato il manager nipponico ad alta voce, ricordando come il Giappone dipenda fortemente dal carbone e dal gas naturale per la produzione di elettricità. Quindi, la mobilità elettrica rischia di produrre un danno all’ambiente, mentre i rally elettrici rischiano di far chiudere la specialità. E non siamo noi di RS a dirlo.

“L’attuale modello di business dell’industria automobilistica – ha avvertito il presidente di Toyoda – collasserà, determinando la perdita di milioni di posti di lavoro”. Toyoda è contrario all’ibrido, ma gli altri? Manager autorevoli e contrari ce ne sono tanti, alcuni si nascondono però dietro il dito. L’elettrico è un argomento che “scotta” e preferiscono non mettere bocca. Ma se gli si promette di non rivelare a nessuno il nome ammettono che l’ibrido nei rally è pericoloso. Molto pericoloso. Poi c’è chi non ha problemi e dice apertamente e pubblicamente cosa pensa.

Quello che non si capisce bene, invece, è: chi comanda? Chi c’è dietro questa volontà di portare l’ibrido nei rally? Cosa ci guadagna? Se Toyota ed M-Sport sono contrari, qual è la posizione di Hyundai? Perché non si rivaluta la questione, facendo un passo indietro e ripartendo dalle R5? Questo sarebbe l’unico modo reale per abbattere i costi. Ma, probabilmente, in un Mondiale in cui organizzare una gara costa 5 milioni di euro, abbassare i costi è solo una scusa…

Carlos Tavares, amministratore PSA

“Il mondo è folle. Il fatto che le autorità ci ordinino di andare in una direzione tecnologica, quella del veicolo elettrico, è una svolta importante. Non vorrei che tra trentanni si scopra qualcosa che non è così bello come sembra, sul riciclaggio delle batterie, sull’uso dei materiali rari del pianeta, sulle emissioni elettromagnetiche della batteria in situazione di ricarica? Come produciamo più energia elettrica pulita? Come fare in modo che l’impronta di carbonio della batteria elettrica non sia un disastro ecologico? Come fare in modo che il riciclaggio di una batteria non sia un disastro ecologico? Come trovare abbastanza materia prima rara per fare le cellule e le chimie delle batterie nel tempo? Chi affronta la questione della mobilità nel suo complesso? Chi si pone oggi la questione in maniera abbastanza ampia da tenere conto di tutti questi parametri? Mi preoccupo come cittadino perché, come costruttore di automobili, non sono udibile. Tutta questa agitazione, tutto questo caos, ci si rivolterà contro, perché abbiamo preso decisioni sbagliate in contesti emotivi”.

Malcolm Wilson, amministratore M-Sport

“Le auto sono troppo costose, è snaturare il DNA dei rally. Penso sia da pazzi guidare una vettura da un milione di euro sulle strade dissestate dell’Argentina. Bisogna ragionare, perché anche con le vetture attuali lo spettacolo non manca. Il prezzo delle attuali R5, che per intenderci sono le auto che vedete nel WRC2 e WRC3 si aggira sui 190/200 mila euro. A me preoccupa, quello che potrebbe accadere nel 2022, si rischia seriamente di perdere la filiera dei giovani e questo non possiamo permettercelo, il rischio che questi ragazzi dopo il WRC2 si perdano è altissimo, perché andrebbero a sbattere su ostacoli altissimi per mettere in piedi un budget per alcune gare con le vetture della classe regina. Attenzione, però, già al momento i costi sono altissimi, in passato con le vecchie Fiesta eravamo arrivati a vendere anche quattordici auto, mentre negli ultimi tre anni ne abbiamo vendute appena cinque. Quindi la FIA deve decidere il regolamento e ascoltare tutte le voci, non solo alcune. Il rischio che corre il WRC è quello di perdere altre Case, mentre penso sia difficile, che possano esserci nuovi ingressi. Non sono contro l’ibrido, questo potrebbe essere sviluppato sulle R5, abbiamo tante case che hanno questo tipo di vettura. Le auto di oggi sono aggressive, veloci e sexy e dobbiamo continuare su questa strada. Oppure con le R5, magari con ali aerodinamiche più grandi e un sistema ibrido”.

Richard Millener, direttore M-Sport

“Con tutto il rispetto per i piloti, non sono loro che finanziano i programmi. Al momento queste vetture hanno dei sistemi idraulici che costano 40.000 sterline, ma siamo certi di poter offrire un prodotto interessante, sia per chi lo vede sia per chi decide di guidarlo, e dei rally spettacolari anche senza sostenere quei costi. Non vogliamo standardizzarci alla Formula E, dove tutto è uguale per tutti e alla squadra basta solo apporre il proprio marchio sulla monoposto. Il rally è una disciplina che richiederà sempre ingegneria specialistica, ma abbattere i costi è fondamentale per rendere la nostra serie accessibile e garantire la presenza di quattro-cinque produttori negli anni a venire”.