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I rally, la ricetta di Aramis e l’auspicato silenzio

Rally Appennino Reggiano 2021

Il lunedì dopo la tragedia, dopo che la verità è stata ormai scritta in tutti i modi e poi persino distorta, umiliata e ferita, trasfigurata, riplasmata e riscritta, ci si aspettava pietà, rispetto umano verso due giovani morti e silenzio. Soprattutto silenzio. Dopo che si è passati dalla fatalità del sabato mattina, di una vettura che sbanda e finisce su due spettatori, ai “rally assassini” della domenica a cura del TGcom24, si pensava di aver letto più o meno di tutto.

Giuro, mai e poi mai mi sarei aspettato di leggere l’idea di un pilota, Aramis, che non conosco perché correva sporadicamente, e che il Corriere della Sera edizione di Bologna mi presenta così: “Aramis, campione di rally veronese: Ecco come cambiare le regole per la sicurezza delle gare”. Lo ammetto di rally non capisco tanto. Anzi, capisco nulla rispetto ai campioni. E qui c’è un campione che mi è sfuggito. Ma chi è ‘sto Aramis? Mi chiedo timidamente, in silenzio, guardandomi le spalle con il timore che l’ignoranza mi schiacci.

Comunque, vado al volo su eWRC.com, ormai uno strumento di lavoro per molti giornalisti. Almeno per le gare che vanno dal 2000 in poi è affidabile. Ed eccolo: Aramis (qui il link). Ovviamente questo è il suo pseudonimo. Il suo nome vero è Manfredi Ravetto, che il Corriere della Sera edizione del Veneto definisce il “Briatore Veneto”. Stando ad eWRC.com nel suo curriculum ci sono 11 gare in due stagioni (2004 e 2005), tra cui Rally Sprint degli Olivi, Rally 500 Minuti, Rally Val d’Aveto, Rally Sprint di Andora, del Monteregio, della Garfagnana… e qualche vittoria di classe che gli fruttò la vittoria del Trofeo Peugeot Rally Sprint nel 2005. Tutti rally senza alcuna validità di Campionato.

Nell’intervista al Corriere della Sera, al giornalista che domanda “A lei è capitato di sbandare o di rischiare il peggio?”, Aramis risponde: “Mi è capitato almeno 140 volte: un giorno andai contro il guardrail, un altro contro un muretto, un’altra volta finii con tre ruote sull’erba, un’altra contro un muro più importante, rompendo l’auto”. Ma come in 11 gare ha rischiato l’osso del collo 140 volte? Capisco che abbia deciso di fermarsi…

Comunque, qualche domanda e risposta prima trovo anche la sua idea di modifica dei rally. La sua ricetta: “Trasformarli in cronoscalata: più giri in un percorso sicuro, controllato, vigilato e con barriere. Insomma, una gara blindata, con il pubblico al sicuro. Fai cinque giri organizzati al posto di uno sulle strade quotidiane e con i loro pericoli. Il problema è solo convincere i “puristi” del settore: non è una cosa facile, ma so che la federazione ci sta lavorando. Chi rischia oggi è chi va ad assistere alle gare. Le auto ormai sono sicure”.

Aramis, scusa se ti do del tu, ma a proposito di pubblico: hai mai visto una tappa del Giro d’Italia? E parlando di rischio morte e danni permanenti: hai mai visto una gara di mountain bike o trial? E il Motocross? E il Motomondiale? Mi fermo qui. Anzi, no. Ti chiedo: cosa facciamo? Trasformiamo prima gli sport che fanno numericamente più morti e feriti o prima i rally?

Credimi, non voglio contraddirti a tutti i costi, ma detto che la federazione non sta lavorando a quello che sostieni tu e, soprattutto, che la maggior parte dei piloti non sembra pensarla come te (su questo numero la nostra recente inchiesta che in tanti ricorderete) e che chiunque può dire qualunque cosa, basta che non si pretenda che qualcun altro ci creda, a me è rimasto impresso un dato: 11 gare (diciamo anche 15 rally) dal 2004 al 2005 e sbandare o rischiare il peggio 140 volte… Più di 10 volte a gara. Altro che Indiana Jones, una sola volta a giorno…

La matematica non è un’opinione e penso che i rally non ti meritino, Manfredi “Aramis” Ravetto. Tu che sei un gentleman driver e un imprenditore di successo potresti valutare la regolarità classica (per maggiore tranquillità, visto che i rally sono una regolarità in cui tu rischi troppo) oppure il drifting (per emozioni impegnative e non veloci). Dammi retta, lascia stare le cronoscalate che nomini e in cui vorresti trasformare i rally (le cronoscalate le hanno inventate prima dei rally, questa è storia), che sono pericolose come i rally, come gli slalom, come le corse in circuito. Perché “motorsport is dangerous” e dovresti saperlo bene. Così come dovresti sapere che i 200 orari di punta massima in PS li fa una WRC, non una R2B. E dovresti sapere che in Italia c’è una media oraria, bassa, 100 km/h, che non può essere superata…

Se i rally non ti piacciono, nessun medico ti ha prescritto di disputarli. Ne sono certo. E lo dico a te e a tutti quelli che, come te, possono pensare ciò che il Corriere della Sera ti ha attribuito e che non ho visto smentito. Mi è sembrato quantomeno inopportuno suggerire al giornalista: “Apra YouTube. Ci sono video divertenti, super popolari, di gente inesperta. Gente che durante l’anno fa un altro lavoro e poi prepara la sua macchinetta per la sfida di paese. Gente che si capovolge e si incarta. Ma magari lo fa ad un metro da dieci persone o a pochi centimetri da un gruppo di bambini. Ridi, ma ridi sfiorando una situazione da lacrime”. A quale fine? Che problema hai con chi si prepara la propria auto perché non ha le tue ricchezze e rispetta comunque i regolamenti di sicurezza? Te lo chiedo perché dubito sempre di chi vuole cambiare il mondo con uno schioccar di dita.

Speriamo finalmente possa calare il silenzio su questa tragedia. Il silenzio che si deve alla morte. Il silenzio rispettoso che si deve ad uno sport che non è un assassino, bensì è un ferito. Ferito da tutto ciò che gli è stato vomitato addosso e colpevole solo di avere regalato divertimento a chi se la sentiva di partecipare a gare entusiasmanti e adrenaliniche, ma sempre meno pericolose di altre competizioni.

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Copertina RS RallySlalom Settembre 2021