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Crisi e rally in Italia: ma sarà davvero tutta colpa di Aci Sport?

colore

Piove Governo ladro. Una spietata e brutale analisi sullo stato di salute dei rally ha fatto tornare di attualità la bonaria parodia contro il governo e in generale contro il potere costituito, ladro per definizione e colpevole, a loro dire, di tutti i mali possibili e quindi anche della pioggia. Le reazioni scaturite dall’analisi della situazione attuale, dal Mondiale al Tricolore, ci racconta interessanti e dolorose verità. E sarà davvero sempre tutta colpa di Aci Sport?

Innegabile: l’analisi sulla salute dei rally WRC, ERC e del Tricolore ha causato diverse reazioni. Rimbalzando da una chat all’altra, è risultata apprezzata e condivisibile da moltissimi e “maledetta” da alcuni, ma soprattutto ha offerto spunti di riflessione che per un giornalista meritano l’approfondimento. Il mio cellulare è stato rovente per più di 48 ore: WhatsApp, Messenger, telefono, mail personale e del giornale. Scambi di idee e di preoccupazioni comuni. Preoccupati e uniti per amore dei rally.

Ho letto e risposto a decine di voi. Ho ascoltato e poi ho osservato le condivisioni social, i commenti. Piloti, copiloti, consulenti, dirigenti e dipendenti federali, organizzatori e preparatori, promotori di trofei monomarca. Due messaggi, addirittura, mi hanno fatto emozionare, per qualche secondo ho persino pensato di essere sotto morfina, assunta poi chissà come. Emoji di applausi da chi non si è mai trovato d’accordo con me nell’ultimo quarto di secolo.

Ma abbiamo risolto il problema? No, assolutamente no. Siamo sulla giusta strada per risolverlo? No, assolutamente no. E non sferrando attacchi poco propositivi. Tipo? Tipo Aci Sport è il problema. Bene, allora togliamo di mezzo Aci Sport, facciamo tabula rasa, e poi ditemi chi e dove pensa di andare a correre. Chi e dove pensa di andare ad organizzare competizioni in Italia senza rischiare di violare l’articolo 9 Bis del Codice della Strada: “Organizzazione di competizioni non autorizzate in velocità con veicoli a motore e partecipazione alle gare”. “…punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da euro 25.000 a euro 100.000. La stessa pena si applica a chiunque prende parte alla competizione non autorizzata”.

Chiarito questo primo punto, che dovrebbe fare comprendere come Aci Sport, invece, sia una risorsa e perché sia importante partecipare alla vita associativa federale, e fatta una prima analisi generale sullo stato di salute del rallysmo internazionale e nazionale, vale certamente la pena addentrarci nelle motivazioni che stanno affossando i rally italiani. Esattamente una seconda puntata che segue l’analisi sullo stato di salute dei rally italiani. Perché? Perché scrivere che i nostri rally hanno un forte mal di pancia, ha fatto partire la carica del “Piove, governo ladro”.

“Piove, governo ladro”, per quanto indubbiamente vero, è troppo generico come concetto. E se per me, che non mi sono mai affiliato ad Aci o ad Aci Sport, il governo è il parlamento e il senato, per altri (tipo per i licenziati sportivi o per alcuni dirigenti e consulenti federali) governo si intende Aci Sport. Per altri ancora è la FIA, come per molti direttori di gara internazionali che appena sentono “FIA” iniziano a piroettare e ramazzare corridoi come non ci fosse un domani parafrasando famose canzoni di Elio e le storie tese. C’è, addirittura, chi c’è l’ha con il CONI e con Giovanni Malagò che non intervengono. Ma su cosa dovrebbero intervenire di preciso nessuno lo sa.

Mohammed ben Sulayem
Mohammed ben Sulayem

Alla FIA do colpe che Aci Sport non ha

Se nell’identificare i diretti responsabili della crisi internazionale dei rally ho fatto i nomi, nello specifico, di Jean Todt e Mohammed Ben Sulayem, oltre che di Yves Matton e di Jarmo Mahonen (Todt e Matton per averci fatto precipitare in questa terribile situazione dopo che il WRC si stava faticosamente rialzando, Ben Sulayem e Mahonen per non aver fatto sostanzialmente nulla in un anno di nuova governance, slogan a parte), per quel che riguarda l’Italia mi sono limitato a criticare il sistema e l’attuale format noioso, che personalmente trovo non solo poco vendibile e indigeribile, adesso spiego perché non ho puntato il dito contro il presidente Aci Sport Angelo Sticchi Damiani, o contro il presidente della Commissione Rally Daniele Settimo o contro il direttore generale di Aci Sport Marco Rogano, cosa che invece in molti hanno fatto in modo un po’ troppo semplicistico. E lo farò senza la necessità di “difendere” le persone appena nominate.

Ritengo che ad Aci Sport si possano attribuire responsabilità di tipo regolamentare, essendo essa una federazione sportiva nazionale che norma (quindi stila regolamenti che non possono andare in nessun modo contro le leggi italiane, in particolare il CdS). Alcune norme si possono senza dubbio discutere (numero e chilometraggi dei rally, ad esempio) altre sono indiscutibili (medie orarie e permessi delle strade per citarne alcuni).

Perché li definisco indiscutibili? Perché se un rally ha una prova speciale che supera i 100 chilometri orari di media le Prefetture e gli altri enti preposti dalla illustrissima burocrazia italiana non rilasciano i permessi e quindi la gara non si fa. In passato, le pressioni politiche sono state così forti su Aci che si è preteso che i 100 km/di media venissero inseriti nei regolamenti sportivi. Non è stata quindi la federazione a ridurre le velocità medie dei rally perché voleva ridurli.

E’ stata la politica e le politiche del “Piove, governo ladro” che i vari Silvio Berlusconi (maggiori controlli della GdF sul reddito di chi corre nei rally e altre tipologie di controlli sugli sportivi), Matteo Salvini e Matteo Renzi (continue limitazioni al CdS con la “scusa” dei troppi morti sulla strada, come se bastasse fare leggi e non controllare per ridurre al mortalità da incidenti stradali) e tutti quelli che si sono susseguiti hanno portato avanti. Ma questa gente non l’ha davvero votata nessuno di voi? Ho seri dubbi in proposito e ti stanno venendo anche a te te che leggi.

Torniamo ai nostri amati rally. Proprio per il principio che vede Aci Sport scrivere regole nella Repubblica delle Banane, dove la burocrazia, l’ignoranza e le correnti politiche e gli interessi di pochi la fanno da padrone, non è possibile attribuire alla federazione colpe che non ha. Il motorsport non vive sulla Luna, vive in questa Italia che noi stiamo lasciando ai nostri figli e ai nostri nipoti e si pratica secondo le regole FIA e secondo le leggi nazionali. Punto e basta.

Ovviamente, però, questo non vuol dire che dobbiamo esimerci dal parlare delle scelte che possiamo comunque discutere. E ne parleremo a breve. Continuiamo, però, con le colpe che secondo me Aci Sport non ha. La federazione non fa quello che dice Aci Sport Spa, come qualcuno ha sostenuto. Aci Sport Spa è una società dell’Aci che supporta la federazione nell’opera di promozione dei Campionati, ma se le gare generano pochi soldi la promozione sarà minima, proprio per evitare di incorrere in problemi con i revisori dei conti che devono firmare i bilanci (se i bilanci di una società per azioni non vengono approvati, bisogna portare i libri contabili in tribunale).

I governi e i governatori prima citati hanno legiferato in ottica per cui gli enti pubblici non possono produrre debito, l’inevitabile conseguenza è che si spende ciò che si ha. Prima c’erano dei Costruttori: Abarth presente anche tramite trofei fino al primo decennio del 2000, poi c’era Subaru Italia che vantava piloti ufficiali (ricordate Zambelli e “Sghed” e non solo loro?), c’erano Citroen Italia e Peugeot Italia. Anche Suzuki Italia era molto attiva nel periodo in cui il Costruttore giapponese schierava la SX4 WRC. Insomma, c’era, per la federazione, la possibilità di trattare determinati budget. Anche tra i gommisti c’era competizione: Pirelli, Michelin, Avon, Yokohama… Tutto questo era ricchezza.

Oggi, esattamente, la federazione con chi dovrebbe trattare? Ecco perché ho scritto nella prima puntata di questa lunga disamina che non vorrei trovarmi nei panni dei dirigenti federali che si sono trovati dal dover promuovere i rally a doverli difendere. Ricordate in che impasse, anche comunicativa, erano scivolati i rally nazionali prima che alla presidenza Aci subentrasse l’ingegnere Angelo Sticchi Damiani? Ricordate che abbiamo avuto presidenti Aci che ipotizzavano la scorporazione del motorsport dall’ente pubblico che era chiamato ad adeguarsi alle normative del CONI? Non lo ricordavate? Non lo sapevate? Beh, questo è un male.

Aci Sport TV
Aci Sport TV

Soldi e promozione, Rai e Mediaset

Nel calcio e nel ciclismo girano tantissimi soldi, perché le rispettive federazioni hanno tantissimi iscritti (iscritti e seguito = potere), e questo permette di comprare spazi nelle trasmissioni Mediaset o Rai, fattore che restituisce un ritorno di immagine incredibile. Fino ai primi anni 2000 anche le reti private nazionali parlavano dei rally italiani e pure nei giornali c’erano le redazioni motori che pullulavano di fior di professionisti.

Vi assicuro che non era merito di Aci Csai e, di conseguenza, non è colpa sua se le redazioni motori sono state smantellate ovunque. La colpa è della politica, ma intendo la politica dei Governi che si sono succeduti negli ultimi 25-30 anni e che abbiamo o votato o cercato di contrastare con il voto, ma che in ogni caso hanno governato sempre in un’unica direzione facendo danni come la grandine.

Man mano che i Governi impoverivano il settore dell’automotive – proponendo casse integrazioni al posto di aiutare e incentivare la ricerca tecnologica o sprecando professionalità imponendo politiche green ipocrite e quindi insostenibili – quella che oggi è Aci Sport e che prima era Aci Csai si è trovata dal dover promuovere i rally, trattando con i Costruttori e con le industrie dell’indotto dell’automotive che investivano nel motorsport perché ci credevano, al dover difendere i rally dagli attacchi di politiche scriteriate e senza senso. E non c’è più nessun Costruttore italiano disposto a dire. “Non toccate i rally”. Non c’è più nessun Costruttore italiano. E secondo voi, se la politica non avesse vessato il settore dell’automotive e del motorsport, i nostri Costruttori sarebbero fuggiti? No, non sarebbero fuggiti.

I fan aiutano Sebastien Loeb in prova
I fan aiutano Sebastien Loeb in prova

Il mito della falsa sicurezza

Ho avuto modo di citare il legame che c’è tra velocità media delle prove speciali e i permessi. Se si superano i 100 km/h, non vengono accordate le autorizzazioni e non si corre. Questo esclude tantissime strade e non rende assolutamente più sicuri i rally. Seguitemi un attimo: potrei realizzare una prova lunga magari con uno o due rettilinei di qualche chilometro. La media salirebbe – le Rally2 sono molto veloci e anno dopo anno le velocità di percorrenza in curva aumentano sempre più – e la PS verrebbe considerata pericolosa, quindi o la rallento con le chicane o la accorcio. Il problema è che c’è una richiesta di controllo della velocità e non della sicurezza. Questo lo chiedono le Prefetture, non Aci Sport. I prefetti non li votate, ma li scelgono i governi che votate. I sindaci, invece, li votate. Forse con un po’ di astensionismo in meno. Forse con un giorno di mare in meno…

Il nostro Vitangelo Conteduca, intevistando Tiziano Siviero per il mensile RS, pochi mesi prima dell’incidente da cui si sta lentamente riprendendo, aveva domandato: basse medie orarie e pochi chilometri. È per la sicurezza? Questa era stata la risposta di Tiziano: “Allora… nel rincorrere una falsa sicurezza, si è pensato che la velocità fosse la causa principale del pericolo. E non è vero. Il pericolo nasce dalla disattenzione, non dalla velocità. Però, la realtà è che c’è sempre meno gente disposta ad andare davanti ad un giudice in caso di incidente. Ci sono direttori di gara o dap che bandellano e dichiarano “zona vietata al pubblico” tutta la prova speciale da entrambi i lati, perché pensano che se un’auto dovesse di strada e investire qualcuno del pubblico, loro sono a posto davanti alla legge, ma non si pongono minimamente il problema di trovare una zona idonea dove mettere il pubblico. E lo stesso concetto lo proiettano nella prova: potrei fare una bella prova speciale con 120 km/h di media, ma se ci metto 4 chicane e dovesse succedere qualcosa possono dichiarare di essere fuori responsabilità davanti ad un magistrato. Circa la riduzione dei chilometri, le variabili sono tante: non ci sono più auto di proprietà, quindi, ad esempio, venti o trenta chilometri per un proprietario non costano nulla se non la benzina, ma con un’auto a noleggio da 100 euro a chilometro sono due-tremila euro che pesano sul budget”.

Siviero aveva evidenziato anche un altro problema, che ovviamente non può essere colpa di Aci Sport ed evidentemente è colpa di chi pratica, ecco perché vi invito di nuovo a rimboccarvi le maniche: “Il disturbo che arrechi alla popolazione è in gran parte dovuto alle ricognizioni, non è dovuto alla gara. Abbiamo 100 equipaggi al via che fanno minimo dieci passaggi a testa, e quindi possano mille volte, non rispettando il codice della strada. Se ai miei tempi vedere passare le auto da corsa era una gioia, oggi la popolazione lo vede solo come un disturbo. È cambiata anche la mentalità. Se non danno i permessi è solo per le ricognizioni, e noi non riusciamo ad evitarlo. Chi dovrebbe vigilare e sanzionare non lo fa”.

Tiziano Siviero
Tiziano Siviero

I pochi chilometri secondo Siviero

Nel corso di quella intervista, a Tiziano è stato domandato: Quindi, i pochi chilometri non sono solo questione di costi, come molti organizzatori dicono… E la risposta ha fatto storia: “Io non vorrei sembrare polemico – ci aveva detto Tiziano – ma le scelte sul come creare una gara sono condizionate dal mercato. L’organizzatore vede nei concorrenti un cliente e cerca di fare un prodotto che soddisfi le voglie del cliente stesso. Ad esempio, le prove in notturna non vanno tanto d’accordo con la visibilità che la gente cerca. Oggi è palese che ci siano più che altro “piloti da bar”, come li definivo io, che “piloti di fatica e sudore”. C’è tutto un altro approccio verso la specialità ed è chiarissimo. Oggi si vive molto più di estetica, contano più quanti followers hai che quanto vai forte in prova speciale. Oggi bisogna fare un prodotto che mescoli l’estremo narcisismo che c’ è con lo sport. L’Organizzatore è felice se i concorrenti gli chiedono un rally corto, perché’ gli equipaggi spendono meno di affitto della vettura e loro risparmiano per l’allestimento delle prove speciali. La ripetizione delle prove, come nel caso della Targa Florio, è solo per una questione economica, meno costi, meno commissari, meno cronometristi. Ogni 7 km e mezzo una prova costa circa 15 mila euro come allestimento totale. Quale organizzatore farebbe sei prove diverse? I permessi sono molte volte una scusa. Dovrebbe essere la federazione a mettere dei limiti, come avviene nelle gare di mondiale, nelle quali non si possono avere chilometraggi di prove speciali al di sotto dei 300 km”. Ovviamente non piacerà agli amanti della fuffa, che però sono un altro grande problema dei rally, perché intasano i calendari gare con manifestazioni penose.

Questione ufficiali di gara

Infine, questione ufficiali di gara e commissari. Premetto che l’argomento in questione sarà oggetto di un approfondimento a sé, perché l’argomento e le problematiche che affliggono quelli che io definisco i “nostri eroi” sono davvero troppe e incresciose. Non abbiamo ufficiali di gara a sufficienza e c’è anche chi non paga loro neppure le spese, nell’indifferenza di tutti.

Senza ufficiali di gara e, soprattutto, senza ufficiali di gara preparati e formati, magari anche tutelati nei loro diritti, quali gare vogliamo correre? Di quali lunghezze e con quali sicurezze? Anche io ricevo in chat un quantitativo spropositato di video di ciò che accade nel rally dell’organizzatore Tizio, o in quelli dell’organizzatore Caio, quest’ultimo sempre pronto a criticarmi o a chiamare al mio editore per lamentare la “virgola”. Non posto i video che testimoniano la grande insicurezza che regna nelle loro gare, nonostante la tentazione, solo perché farei del male ai rally, ma avrei voglia di pubblicarli per non permettergli più di organizzare gare. Ma, ripeto, voglio troppo bene ai rally per fargli un torto.

Da qui una necessità. meno rally, non più commissari. Quelli che abbiamo e che possiamo davvero formare bastano per massimo 70 rally all’anno. Si faccia un passo indietro: meno gare e più chilometri, meno premi e più competitività. Meno divisione e più unione.

Dulcis in fundo

Il problema più grande che vedo nella federazione Aci Sport attualmente è che cerca di mediare tra mille correnti diverse (fatte di pensieri, interessi e necessità differenti), cercando il più possibile di accontentare tutti. Come comprenderete è impossibile. Nell’attuale Aci Sport sembra di vedere un eccesso di democrazia, che non sta portando i frutti sperati dagli appassionati, piuttosto sta accontentando buona parte delle componenti politiche dello sport.

Troppe gare, troppe classi, troppi campionati, poca appetibilità nei format delle gare che non hanno più qualcosa di straordinario da mostrare. Una federazione deve sì ascoltare le necessità dei praticanti, ma poi deve prendere le decisioni che ritiene più opportune per il bene dello sport assumendosene le responsabilità e non necessariamente prendere queste decisioni in comune o in comunione di intenti. Questo aiuterebbe ad evitare attività di lobbysmo da parte di alcuni organizzatori (inclusi gli Automobile Club organizzatori), che sono poi i veri responsabili di questi continui tagli di chilometraggi.

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