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WRC ed ERC in crisi, Italia al Muro del Pianto

Targa Florio

La speranza è una sola: un miracolo. Le attuali prospettive sono nere, all’estero e ancor di più in un Paese impoverito come l’Italia. Se Toyota prosegue con il suo trofeo e Suzuki forse pure, si ferma invece Renault e quello Peugeot molto probabilmente diventerà un trofeo di Leoncini Pirelli. Troppi rally, troppi campioni e pochi chilometri appare sempre più una formula sportiva di dubbia efficacia. Chi può predilige i campionati esteri. E chi non può?

Tutti lo sanno e tutti fanno ancora gli scongiuri: il 2023 si manifesterà come un anno molto duro, terribilmente difficile da affrontare, perché metterà a dura prova il movimento dei rally più di altri sport, ovunque, anche perché negli ultimi anni i rally ai massimi livelli sono stati visti e vissuti come un ridicolo e inutile show su cui speculare. Sono stati gestiti dal Mondiale all’Europeo come la mammella di una mucca da mungere fino in fondo, dimenticando che l’animale va alimentato quotidianamente e non solo sfruttato. Ovviamente mi si perdoni il paragone con la mucca, ma è quello che mi pare più similare alla situazione che stiamo vivendo.

Cosa sta succedendo e cosa succederà, al di là dei proclami politici, della voglia di correre ai ripari (che si scontra con inesperienze e incapacità) e degli scaricabarili sui predecessori, come avviene in FIA? Per usare una brutale sintesi giornalistica, possiamo fissare quattro punti cardine che rappresentano la vigilia della tempesta perfetta:

  1. Stiamo pagando ancora in tutti i settori il prezzo della crisi scaturita dalla pandemia
  2. Siamo in piena crisi energetica, petrolifera e di materie prime
  3. Oscilliamo in mezzo a speculazioni di vario genere e necessità sovra misura di fare cassa
  4. C’è un forte disinteresse delle aziende nello sponsorizzare tutto ciò che non dia un ritorno superiore all’investimento

Proviamo ad esaminare le future conseguenze e, siccome l’informazione, è corretta e completa quando abbraccia diverse vedute ad ampio raggio, partiamo dalla situazione internazionale facendola esaminare a chi la vive all’estero e a chi ben la conosce e cerchiamo di capire poi le drammatiche conseguenze a cascata a livello nazionale, per quanto ci riguarda a livello italiano.

Yves Matton chiede le Rally1 ibride nei campionati nazionali
Auto WRC Plus

Il problema del WRC è colpa di Matton?

Il WRC è in declino? Peggio, è sull’orlo del fallimento. Esagero? Va bene, ci sono 2,5 Costruttori: Toyota, Hyundai e… una squadra privata che cura le Ford. In FIA dicono 3 Costruttori (Toyota, Hyundai e Ford), ma sanno che mentono spudoratamente facendo la figura dei pagliacci. Con 2 Case al via – per regolamento – non si potrebbe disputare il Campionato del Mondo Rally. Messa così, come vi pare? Il Mondiale Rally è o non è da anni sull’orlo del disastro?

Perché? Sarà solo colpa di Yves Matton e di Jean Todt o diventa comodo fare lo scaricabarile visto che in un anno dall’insediamento del nuovo governo FIA i rally hanno solo pagato pegno perdendo visibilità e interesse a causa di uno spropositato aumento dei costi? Se Yves Matton è ignorante (nel senso che ignora) perché non ha saputo fare due conti, generando vetture che sfiorano adesso i 2 milioni ad auto, con un motore che è passato dal “doveva costare circa 500.000 euro” al “ci costa circa 1.000.000 di euro comprensivo dei problemi che affrontiamo per sviluppare queste unità”, il presidente arabo e il nuovo ed esperto direttore della Commissione WRC si sono limitati a fare i ragionieri: tagliamo qui e lì. Come si fa con gli angoli delle coperte.

Intanto, abbiamo perso Citroen e Mini, prima ancora Subaru e Suzuki, e nessuno è stato mai in grado di trovare nuovi investimenti. Pare evidente: il prodotto rally non è più né appetibile e né digeribile. Non così com’è. Non con una Rally TV, All-Live WRC, che doveva portare i rally nelle case di chi non li conosceva e, invece, serve a non mandare più in prova speciale chi prima ci andava. Perdere pubblico significa, per lo sport, perdere potere. Diventare, inesorabilmente, non interessante. E All-Live ha fallito miseramente. Non per gli appassionati. Ma non ha portato i rally laddove non c’erano. Anzi, ha contribuito al restringimento. Così come i bibitari come RedBull ci hanno sottratto personaggi nello sport e bravi fotoreporter, facendo diventare tutto terribilmente omologato e disinteressante.

Al via del MonteCarlo ci saranno soltanto quattro Toyota, tre Hyundai e un paio di Ford Puma M-Sport per Ott Tänak e Pierre-Louis Loubet, oltre a quella privata di Jourdan Serderidis. L’ultima volta che avevamo avuto nove piloti ufficiali in gara per la vittoria al Rally di MonteCarlo era il 2012, un altro anno disgraziato.

Andrea Adamo festeggia il successo in Argentina
Andrea Adamo festeggia il successo in Argentina

Evans, Adamo e le Rally2 Plus

David Evans, uno dei maggiori conoscitori del WRC, spiega sul suo sito che “Mentre l’ibrido si profilava all’orizzonte del WRC, l’unica cosa su cui ha insistito il direttore del rally FIA Yves Matton era che queste auto sarebbero state più economiche delle WRC 2017. Le cosiddette auto WRC Plus (che invece tanta visibilità avevano portato ai rally). Matton aveva predetto con sicurezza che i motori da mezzo milione di euro sarebbero stati il giusto compromesso”. In effetti, ha ragione e ricorda bene Evans. Matton, questa stupidaggine, la disse con convinzione prima del Monte 2022. Un anno fa.

Non è la prima volta, ma anche l’ingegnere Andrea Adamo stanga le Rally1. Lo fa tramite DirtFish, dove spiega, se traduzione non ci inganna: “Le Rally1 non sarebbero mai dovute esistere. Si doveva ripartire da una sorta di auto Rally2 con un po’ più di potenza e più aerodinamica. Quella sarebbe stata la scelta giusta. Nessuno capisce davvero perché abbiamo l’ibrido. Abbiamo auto molto costose e non abbiamo nuovi Costruttori. Mi dispiace, ma è così. È triste guardare le classifiche e non vedere tante vetture Rally1. Forse sogno, ma il WRC avrebbe potuto avere cinque Costruttori, più macchine e potenzialmente più piloti in grado di correre e vincere”.

La teoria delle Rally2 Plus è di casa da noi di RS. Ne parliamo tra sito e giornale dal 2020, da due anni prima che andassero in pensione le WRC Plus. Abbiamo sempre spinto per avere comunque in gara le WRC Plus e lasciare alle Case la possibilità di continuare ad evolverle schierandole anche nei campionati nazionali, oltre a progettare questa nuova classe regina, appunto la cosiddetta Rally2 Plus, che altro non sarebbe stato che un ritorno alle WRC meccaniche. Quante volte, nel cammin di nostra vita, dobbiamo fare un passo indietro per poterne fare altri 100 in avanti? Ne siamo certi. Sarebbe stata la cosa giusta.

E se vi steste domandando perché avrei voluto le WRC Plus al via del Mondiale 2022 e 2023 la risposta è facile facile: con 360 CV e un’enorme quantità di carico aerodinamico, quelle erano auto da rally: veloci, spettacolari e molto, molto speciali. Anche le Rally1 sono veloci, forse più delle WRC Plus, ma costano troppo e uccidono qualsiasi programma o progetto. Inoltre, non possono correre nei campionati nazionali, i Costruttori non possono venderne quante vorrebbero per recuperare gli investimenti. Quindi sono un peso per tutti. Sono quasi inutili.

Andrea Mabellini
Andrea Mabellini

Anche l’ERC è una valle di lacrime

Se il WRC è in crisi, anche l’ERC piange. Specialmente da quando è finito nelle grinfie del Promoter WRC, che avrà sicuramente fatto tanto, ma i risultati non si vedono. Anzi, si vedono. Sono terribili. Anche Renault ha fermato il trofeo internazionale, che invece nel 2022 ha permesso a molti italiani di correre all’estero in rally veri e lunghi e fare esperienza internazionale.

Anche quest’anno quasi una decina di piloti italiani voleva sfuggire ai rally di casa, ormai corti, tutti uguali e senza peculiarità specifiche. Solo tanti inutili e fastidiosi chilometri di trasferimento e pochi di prove speciali. Gare noiose e non formative. Gare da cui non si prende più il volo per il Mondiale. Di questa decina di piloti, potrebbero restarne un paio, proprio perché salta il trofeo Renault, che dava incentivi interessanti. I tre che potrebbero farcela sono Roberto Daprà, Mattia Zanin e Alberto Battistolli. Ci auguriamo che anche altri piloti riescano ad imbastire un programma completo.

Crugnola-Ometto, Monza 2021
Crugnola-Ometto, Monza 2021

Come stanno i rally italiani?

Stanno male i rally italiani, hanno un forte mal di pancia. Il CIR 2022 è il massimo testimone di questa situazione con 13 iscritti. Se fa fatica Andrea Crugnola, campione italiano in carica, ad imbastire un programma in Italia, immaginate che fatica faranno gli altri.

Come nell’ERC, anche in Italia dovrebbe fermarsi il trofeo Renault (anche se fonti ben informate fanno sapere che stanno cercando di fare il possibile perché ciò non avvenga), questi sono al momento gli ordini che arrivano dalla Francia e a Renault Italia del trofeo pare importi poco. Ma in Italia, il trofeo Renault è anche il CIR Junior e ove Renault (ma siamo certi che lo onorerà) dovesse fare mancare il montepremi ci dovrà pensare Aci Sport a sostenere i giovani che si iscriveranno alla serie Tricolore. Non vorremmo essere nei panni della federazione che fino a qualche anno fa aveva l’obiettivo di promuovere i rally e adesso è costretta a difenderli.

Tra l’altro, uno dei problemi principali che stanno rendendo invisi i rally alle amministrazioni locali è proprio l’eccesso. Il troppo storpia, è noto. Troppe gare. I rally, in Italia, dovrebbero essere al massimo 50 (250 km di PS gare internazionali, 200 km di PS gare CIR 150 km di PS gare CIRT, 100 km di PS Coppa Italia, 70 km di PS nazionali e poi basta) e non 110-130 rally all’anno come ormai prassi degli ultimi anni. E soprattutto dovrebbero essere ben organizzati. Con format liberi che attraggano gli investimenti di capitali privati. No show, no money (e show non è per forza corto).

Meno rally e più chilometri, perché gli sportivi si educano con i regolamenti e con l’allenamento, perché i piloti non devono fuggire nell’Europeo per allenarsi al Mondiale. Ricordo che fino a pochi anni fa, gli stranieri come Consani o Bulacia, ma non solo loro, venivano in Italia per allenarsi al Mondiale. Per contro, meno gare porterebbero minori introiti alla federazione, che anche grazie a questi ricavi tiene in pedi la TV e l’opera di promozione dei Campionati e di aiuti a pioggia (in migliaia di euro) a diversi piloti italiani orfani di qualsiasi Costruttore di auto. Case italiane non ne esistono più e i francesi spingono per i propri connazionali.

Se pensavate che il contesto internazionale fosse drammatico, svegliatevi perché quello nazionale è peggio e senza l’aiuto di tutti i rally sono destinati a fare la fine degli slalom: prima se ne correvano 5 ogni fine settimana, ora sono stati decimati.

Guglielmo Giacomello porterà avanti da solo l’organizzazione del trofeo Renault o continuerà con il suo R Italian Trophy? Suzuki proporrà sempre lo stesso trofeo che abbiamo visto negli ultimi anni e come lo organizzerà? E Peugeot cosa farà? L’anno scorso un trofeo privato ha salvato la faccia al Costruttore francese. Quest’anno quel trofeo potrebbe diventare una sorta di Trofeo dei Leoni, un trofeo Pirelli riservato a vetture Peugeot. E menomale che c’è chi lo organizza.

Questa moria di serie propedeutiche conferma il disinteresse delle Case verso i rally ma in prospettiva spinge a favore di Toyota Italia, che “rischia” di restare insieme a Suzuki (che comunque l’anno scorso ha avuto numeri molto bassi) l’unica casa ad organizzare un trofeo per i clienti sportivi. In un contesto che vede Costruttori di auto sempre più disinteressanti ai motori endotermici, organizzatori di trofei in fuga, organizzatori di rally che vogliono solo guadagnare, prezzi alle stelle, rally corti e omologati che rallentano la crescita sportiva dei piloti, credo che sia un grave errore mantenere decine e decine di classi e premiare chiunque rendendo tutto troppo facile.

Dulcis in fundo

Per riepilogare, un concetto universale che dovrebbe valere per tutti: i rally sono rally, qualsiasi cosa che non assomiglia ad un rally non potrà mai essere venduta come un rally e non sarà mai interessante come un rally. E’ come spacciare una castagna cruda per un cioccolatino.

Per altro bisogna inventare o importare nomi nuovi: vedi il drifting o le gymkhane di Ken Block. E a proprosito, Ken era un rallysta ma non ha mai confuso la farina con la crusca. Quando faceva una gymkhana faceva una gymkhana, quando correva un rally correva un rally. E soprattutto, era contento anche quando non vinceva. Si sarebbe sentito umiliato a vincere una coppetta senza centrare il risultato preposto. Sarebbe stato troppo facile. E far pensare che tutti gli sportivi italiani amino vincere facile toglie valore a tutti i successi.

Forse è arrivato il momento di rimboccarsi davvero le maniche e provare a salvare i rally. O ora o mai più…

La seconda parte dell’analisi, quella che riguarda l’Italia, è disponibile qui.

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