Mitsubishi Motors e il fantasma di Ralliart
La notizia del ritorno del marchio Ralliart di Mitsubishi è una forzatura oltre misura. Un po’ come la farfalla che diventa un elefante e non si capisce quando le ali si sono trasformate in orecchie e dove l’insetto abbia trovato le zampe, le zanne e la proboscide. Se volte crederci siete, però, liberi di farlo. Ma sarebbe bello ridimensionare la questione alla realtà dei fatti, e cioè che Ralliart è un fantasma destinato a restare tale. Come Abarth. Un mito, come l’etichetta Levi’s: dove la metti sta bene (ne avevamo parlato qui un po’ di tempo fa).
Non sapendo cosa altro dire, per spiegare riorganizzazioni interne dovute alla crisi causata dalla pandemia globale di SarsCov-2, per fare vedere che si stava facendo qualcosa, Takao Kato, presidente e CEO di Mitsubishi Motors, durante la conferenza stampa di bilancio ha pronunciato la seguente farse: “Per i clienti che vogliono provare l’unicità di Mitsubishi, stiamo valutando l’installazione di accessori originali Ralliart nella linea di modelli e la partecipazione agli sport motoristici”. Tradotto: Mitsubishi ha sostanzialmente perso il mercato sportivo e ora quei soldini gli farebbero comodo.
Il presidente di Mitsubishi non ha detto una parola di più, ma è bastato pronunciare Ralliart e poche ore dopo in mezza Europa, soprattutto sui media italiani e su quelli francesi, si sostiene che tornerà Ralliart, che bisogna solo capire se torna nel cross country o anche nei rally. Perché lo ha detto il presidente di Mitsubishi e tutti i media giapponesi hanno ripreso la notizia. In effetti, molti media che si occupano di tuning hanno ripreso la news, perché probabilmente, per motivi commerciali, si creerà una linea tunizzata Ralliart. E in fondo, in un Paese che vive di tuning, come il Giappone, questa è una notizia.
Ma perché Ralliart risveglia ancora antichi amori? Torniamo alle prime settimane del 2010: Mitsubishi, che intanto si era ritirata dal WRC appiedando il “nostro” Gigi Galli, con la promessa mai mantenuta di tornare entro il 2008, annuncia anche la chiusura di Ralliart alla fine di marzo dello stesso anno. Ad ufficializzarlo è il manager, Masao Taguchi: “A causa del repentino cambiamento della situazione economica rispetto all’anno precedente, le circostanze commerciali intorno alla nostra azienda sono radicalmente peggiorate”. La storia di 25 anni del reparto corse dell’azienda dei tre diamanti viene interrotta in un attimo. ma mai cancellata.
La crisi economica iniziata nel 2008, porta Mitsubishi ad una scelta estrema, con effetti che arrivano ritardati nel Paese del Sol Levante, ma che quando arrivano fanno tremare il colosso. Mitsubishi Motors prende il comando dello sport al posto di Ralliart (che scompare come marchio), il reparto, che era stato creato dall’ex pilota Andrew Cowan (scomparso nell’ottobre 2019) nei primi anni Ottanta, unendo grandi traguardi come i quattro titoli WRC vinti da Tommi Mäkinen alla fine degli anni Novanta e le dodici vittorie nel più famoso rally raid del pianeta a partire dal 1982.
L’utilizzo del nome Ralliart dal 2010 è stato praticamente limitato alla vendita di alcuni componenti di personalizzazione aftermarket, come una sorta di linea di prodotti da abbinare alle “Mitsubishi fighettine”, mentre alcune delle filiali, come Ralliart in Italia, cercavano disperatamente di mantenere viva la fiamma della vocazione sportiva del Marchio, partecipando a gare di Campionato del Mondo Rally Produzione. Ma, ad esempio, già sulla Lancer Evo X che il team ufficiale Mitsubishi Spagna ha portato in gara nel 2016 all’interno del Campionato Rally Spagnolo Asfalto, c’era ormai solo il logo Ralliart. Così come sulla vettura di Cristina Gutiérrez alla Dakar 2019, con la livrea Eclipse Cross.
Adesso che il fantasma di Ralliart è tornato ad aleggiare, c’è addirittura chi giura che Mitsubishi stia cercando di seguire una strategia commerciale simile a quella di Toyota, che ha anche creato la linea Gazoo Racing per la strada, dimenticando che Toyota lo ha fatto solo dopo aver vinto il Mondiale della specialità a cui partecipa e non guardando con romanticismo e affetto al proprio passato.