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L’importanza dei test nei rally

Luca Rossetti con la Citroen C3 R5 Fpf Sport

Targa Florio. Pronti, via e Luca Rossetti e Simone Campedelli hanno preso il volo, mentre il resto della compagnia arrancava. Anzi, qualcuno addirittura mancava: come Craig Breen che pur aveva appena vinto a Sanremo. Ma questa è un ‘altra storia, anche se sempre riconducibile ai fondi a disposizione. Musica che almeno parzialmente cambiava nella seconda parte della gara, dove in cattedra saliva soprattutto Andrea Crugnola.

Lettura: Rossetti e Campedelli avevano fatto i test pre-gara ed erano subito pronti al meglio. Gli altri, che possono contare su un budget minore, sostanzialmente no. Ad iniziare da Basso e Crugnola. Chi poi ha trovato il setup giusto – Crugnola – ha rimontato.

Dopo le prime 10 PS – per un totale di 87,66 km) il rally siciliano diceva: Rossetti, Campedelli a 5”9, Basso a 24”9, Crugnola a 27”3, Albertini a 38”8. Con 5 scratch per Rossetti, 4 per Campedelli ed 1, non a caso proprio l’ultimo della decade, per Crugnola.

Alla fine (dopo altri 62,88 km di tratti cronometrati) il verdetto finale è stato: Campedelli, Rossetti a 11”7, Crugnola a 12”7, Basso a 48”, Albertini a 59”9. Con 5 prove vinte da Crugnola ed una ciascuno da Rossetti e Campedelli. Il che significa – Rossetti ed i suoi guai elettrico-termici a parte – che nell’ultima parte di gara Crugnola ha rosicchiato 21”4 a Campedelli, mentre nei confronti del romagnolo Albertini e Basso ne hanno persi rispettivamente 27” e 29”.

Ecco spiegata l’importanza dei test e la loro influenza sui risultati. Una regola che vale sia per i top driver che per i privati, che spesso debuttano in gara salendo per la prima volta sulla vettura allo shakedown. Mentre qualcuno – sia chiaro in modo assolutamente lecito e comprensibile – fa più km di test che di gara.

Per questo sarebbe buona norma – comprensibilmente anche ai fini della sicurezza – che almeno lo shakedown ci fosse sempre e tutti lo facessero.

Per questo sarebbe giusta norma – visti gli obiettivi – che dove si cerca di scovare talenti secondo merito (il riferimento allo Junior federale non è casuale), i test fossero uguali per tutti e non a pagamento.

Così come sarebbe bello, visto che a quanto pare le norme sulla privacy e i limiti di budget (stavolta degli organizzatori e della federazione) legano mani e piedi nei controlli sulle ricognizioni, che i protagonisti magari proponessero volontariamente di portarsi addosso un localizzatore a dimostrazione che nessuno di loro trasgredisce le regole.

Bello ma utopistico, come un campionato in cui i test ed i budget fossero uguali per tutti.

Questo è l’editoriale del direttore di RS e oltre di marzo 2019: scopri il giornale

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