Editoriale RS ottobre 2023: la “E” può diventare “H”

Spiegato perché non bisogna guardare al mercato europeo, torniamo ai giapponesi e ai coreani. Toyota, che è un Costruttore pioniere sia nel campo dell’elettrico sia in quello dell’idrogeno, spinge per l’idrogeno e contesta motivatamente un orientamento solo elettrico (anche perché i mezzi di trasporto più inquinanti sono gli aerei, poi le navi e poi i camion) o peggio ancora finto ibrido come quello attuale.

La scelta del solo elettrico appare sempre più senza futuro perché insostenibile sia nel motorsport e sia in grande scala. Non c’è alcun dubbio sul fatto che farebbe piacere agli americani se tutti gli europei comprassero auto elettriche dai cinesi mentre loro vendono a caro prezzo l’energia. Ma c’è un fronte che non lega con i cinesi e ancor meno con gli americani e sono i giapponesi e i coreani, ma anche i britannici. È lì che bisogna guardare in termini di ricerca tecnologica e di investimenti. Il mercato europeo è impazzito, è in mano a lobby elitarie d’Oltreoceano che si comportano peggio delle mafie.

In particolare l’Italia la si sta svuotando di tutto, per renderla come la Grecia. Dai primi anni 2000, a colpi di privatizzazioni, sono stati svenduti gli asset strategici, come quello delle telecomunicazioni. Ricordate Telecom Italia? Era la sesta azienda per fatturato al mondo, la quarta in Italia. Venduta e svenduta di qua e di là ora ha decine di miliardi di debiti e la vuol comprare un oscuro fondo americano. In Europa le compagnie telefoniche sono per lo più statali e fruttano tantissimi soldi. Con Draghi, gli americani sono entrati in Eni. PSA ha ha fatto shopping e ora, sotto forma di Stellantis, sta spostando il lavoro negli ex stabilimenti PSA, tra Spagna e Francia, e all’Italia tocca pagare le casse integrazioni ai dipendenti torinesi (i francesi hanno sempre odiato Torino), mentre i manager continuano a riempirsi le tasche guadagnando in base al fatturato e non ai risultati concreti.

Spiegato perché non bisogna guardare al mercato europeo, torniamo ai giapponesi e ai coreani. Toyota, che è un Costruttore pioniere sia nel campo dell’elettrico sia in quello dell’idrogeno, spinge per l’idrogeno e contesta motivatamente un orientamento solo elettrico (anche perché i mezzi di trasporto più inquinanti sono gli aerei, poi le navi e poi i camion) o peggio ancora finto ibrido come quello attuale. Hyundai non si pronuncia ma ha commercializzato in Australia una vettura ad idrogeno ormai da quasi due anni. BMW ha da anni una linea basata sull’idrogeno e così via. Vi starete chiedendo: ma questo ragionamento come si collega all’automobilismo sportivo (i Costruttori europei hanno tagliato i budget per l’endotermico e manifestano di puntare solo sull’elettrico in Europa)? Ci arriviamo subito.

L’ambizioso eco-imprenditore Alejandro Agag, che è stato il fondatore della prima serie di corse elettriche, la Formula E, e poi dell’Extreme E, ha dovuto prendere atto dei limiti della pericolosità delle vetture elettriche e ha deciso di puntare sull’idrogeno, nonostante gli ingenti investimenti fatti in questo settore. Agag aprirà da subito all’idrogeno e nel giro di uno o due anni chiuderà completamente la porta all’elettrico. “L’Extreme E diventerà semplicemente Extreme H e la E scomparirà”, ha detto Agag. “Non abbiamo ancora preso la decisione definitiva, vogliamo ancora parlare con tutte le squadre interessate dalla decisione. Abbiamo cercato anche dei modi per gestire contemporaneamente le serie E e H, ma la mia opinione è che dovremmo concentrarci solo sull’idrogeno, quindi, a seconda delle discussioni finali, faremo un anno di transizione, gestendo un campionato elettrico con la possibilità che alcuni team testino il prototipo ad idrogeno, poi nel 2025 l’elettrico non ci sarà più”.

Questa rivoluzione in arrivo riguarderà anche il WRC, con ogni probabilità. Proprio perché di 2,5 Costruttori presenti, Toyota e Hyundai hanno già la tecnologia necessaria e solo M-SPort non la possiede. C’è dunque la conferma del “noncielodicono”, ossia di un braccio di ferro silenzioso tra una politica pro-Germania, che punta sugli eco-carburanti e una politica pro-ibrido. Questo perché c’è, ovviamente, intenzione di porre un regime di monopolio. Certo, sarebbe bello se potessero correre e confrontarsi le due tipologie di vetture, ma resterà un sogno. Al momento la FIA è piena di gente che fa business e non marketing.

Toyota Hydrogen
Toyota Hydrogen

Abbandonando l’argomento ibrido-elettrico e passando al numero di RS che state per sfogliare (edicola 8-10 ottobre), invece, dobbiamo segnalare tre argomenti sovrani. Il primo è l’analisi dell’evoluzione dei sistemi di partenza delle WRC, da quelle del 1997 alle attuali Rally1. Gli ingegneri Andrea Adamo e Andrea Maselli ci hanno spiegato tutto il percorso tecnologico di questi oltre 15 anni e ci hanno fornito anche dei “dati rari” come i grafici che pubblichiamo nelle pagine della rivista e che mai si erano visti prima d’ora.

Poi c’è il bel test della Peugeot, ops della Opel Corsa Rally4 di Scaccomatto Racing. Scusatemi, ma ormai con tutte queste piattaforme condivise in Stellantis non si capisce quasi più nulla e spesso ci si confonde. Come ad esempio con la Fiat e600 che è un vero prodotto Made in Poland 100% e invece c’è chi pensa che sia un Made in Italy solo perché si chiama Fiat (Fabbrica Internazionale Automobili Thychy). A noi italiani viene chiesto soprattutto il pagamento delle casse integrazioni, mentre si attende che la sede di Torino diventi un centralino.

Infine e non ultimo per importanza, anzi. Abbiamo incontrato Terenzio Testoni, responsabile delle attività sportive della Pirelli, e ci siamo fatti spiegare ben bene perché Pirelli non ha partecipato alla gara d’appalto per la monogomma del WRC. Non solo, ci siamo fatti raccontare quella che è la sua idea di Mondiale Rally. Quindi, all’interno trovate una nostra analisi sulla situazione e un’intervista al numero 1 mondiale del motorsport di Pirelli.

Affettuosamente