Non è colpa di Rendina, ma forse è anche colpa vostra

La comunicazione del direttore di gara del Rally del Lazio sulle “Disposizioni delle Autorità Amministrative relative al collaudo tecnico ed all’Autorizzazione rilasciata dalla Regione Lazio” ci permette di fare luce sul perché quasi tutti gli organizzatori sono costretti a produrre imbarazzanti pagine di prescrizioni per gli equipaggi. Stiamo diventando come gli americani, dove una madre può intentare causa in tribunale e vincerla contro un costruttore di passeggini, perché nelle note non c’era scritto che il passeggino non doveva essere chiuso col bambino dentro.

Partiamo dalla fine. Rendina non inventa, applica. E come lui stesso sottolinea “la situazione è difficile e se ne esce solo col rispetto delle regole”. Il comunicato numero 6 “Briefing – Integrazione” di Mauro Zambelli, direttore di gara del Rally del Lazio, a cui è stato dedicato un articolo che trovate qui “Cari piloti, attenti alla strada”, sembra paradossale e lo è. Paradossale non perché il direttore di gara in questione o l’organizzatore si siano bevuti il cervello e non vogliano assumersi le responsabilità della gara, cosa che non è stata capita da molti, ma più semplicemente perché indica una prospettiva grigio/nera per il futuro dei rally (e di conseguenza per piloti e organizzatori), sempre più schiacciati e minacciati da una burocrazia intollerante, ma voluti perché rappresentano un veicolo di promozione di un territorio e di turismo (quindi incassi in periodi di bassa stagione locale). Questo è quello che non è stato colto da molti, che invece leggendo il nostro precedente articolo hanno semplicemente puntato il dito contro l’organizzatore di turno, in questo caso Max Rendina, facendo il “tiro al bersaglio”, moda che imperava nei bar degli anni ’80 e che ora si è spostata in internet.

Innanzi tutto, la nota di Mauro Zambelli è stata notata dai vari piloti e copiloti che ce l’hanno segnalata perché messa ben in evidenza su un foglio a sé, a differenza di molte altre note simili emanate in quasi tutte le competizioni su strada che vengono consegnate con tutto l’incartamento di gara (firma per accettazione e presa visione) e nella maggior parte dei casi passano inosservate. Note del genere erano pubblicate anche ai rally San Marino, Targa Florio, Sanremo, Appennino Reggiano, eccetera.

Lo si ammetta, quale equipaggio legge tutta la documentazione di gara e va a cercarsi i riferimenti delle normative richiamate, che sono decine e spesso scritte in modo incomprensibile ai più?

Quanto appena detto è molto importante per un motivo: in alcune zone, gli organizzatori non sono “braccati” e hanno solo l’obbligo di chiarire “quanto impartito dalle Autorità che hanno rilasciato le autorizzazioni allo svolgimento della gara” e quindi questa tipologia di comunicazione passa inosservata e in sordina, mentre invece in altri casi, come quelli dei rally nel Lazio, in Liguria, in Sicilia e anche in altri territori d’Italia, gli organizzatori hanno l’obbligo di dare la massima evidenza (perché i burocrati vanno a cercare la documentazione) e quindi devono emettere una nota apposita (come in questo caso specifico del Rally del Lazio) e divulgarla anche online perché chi rilascia i permessi la cercherà. Come sempre in rete c’è un po’ di tutto, spesso commenta chi ha la tosse e si finisce per perdere di vista il problema minaccia i rally e che porta gli organizzatori a puntarsi con la Commissione Rally e chiedere sempre meno chilometri di prove speciali.

La strabiliante Circolare del 1962

Proviamo a sbrogliare la matassa, per quanto la questione sia davvero complessa e faccia venire quantomeno il lecito dubbio se davvero vale ancora la pena organizzare rally in Italia, che fu tra i Paesi di maggiore richiamo e appeal per la disciplina. Nella Repubblica delle Banane è in vigore una circolare mai aggiornata dal 1962. Cioè, siamo nel 2023: ha 61 anni dannosamente portati. Con l’avvento della digitalizzazione degli atti della pubblica amministrazione e dei suoi archivi, è stata riesumata anche lei, la Circolare numero 68 del Ministero dell’Interno datata 2 luglio 1962. Se la leggete e ve la proponiamo, capirete che essendo interpretativa lega le mani a qualunque organizzatore. Tra l’altro, aridaje con la burocrazia, è un’integrazione della circolare ministeriale numero 16 del 15 febbraio 1951. Che ha 72 anni!

Udite, udite. Già solo nella premessa si legge: “Resta comunque inteso che, nella prima applicazione delle norme su quei tratti di percorso, lungo i quali non siano stati ancora realizzati i dispositivi di sicurezza previsti dalle norme medesime, sarà vietato l’accesso del pubblico, a meno che non sia possibile imporre ai veicoli in gara, lungo tali tratti, la osservanza di limiti di velocità tali da rendere corrispondentemente sufficienti, ai fini della sicurezza, i dispositivi esistenti. E’ ovvio che ove non sia possibile ottenere quanto sopra si potrà procedere a modifiche di tracciato del percorso di gara”. E da qui si dovrebbero capire tante cose, anche sulla gestione del pubblico o dei “rally a porte chiuse” di cui troppo spesso in maniera semplicistica si tende a (de)ridere. Ma andiamo avanti.

Le disposizioni per il pubblico

All’articolo 1 il primo sussulto, perché è bene ricordarlo, questa norma è interpretativa, quindi ciascun rappresentante dell’autorità preposta o burocrate di turno può interpretarla alla luce dell’attualità e della propria conoscenza. Dopodiché c’è la rassegnazione, in alternativa i ricorsi al Tar, le spese e un futuro nero per la gara,. “Le presenti norme riguardano le piste, generalmente costituite da tracciati chiusi appositamente realizzati su sede privata e dotati di impianti permanenti per la disputa di competizioni velocistiche di auto e motoveicoli, nonchè i tratti di strade pubbliche o private a tracciato chiuso od aperto permanentemente o temporaneamente predisposti o adattati allo stesso fine. Sulle predette piste o strade a tracciato chiuso (circuiti) potrà essere autorizzato ogni tipo di competizione, mentre su quelle a tracciato aperto potranno essere autorizzate corse in salita, prove velocistiche di rallies, tentativi di record e simili. Per quanto attiene agli impianti destinati ad accogliere il pubblico ed i servizi (tribune, gradinate, locali per i concorrenti ed il personale addetto alle competizioni e servizi annessi) essi debbono rispondere alle prescrizioni della circolare 15-2-1951, n.16, del Ministero dell’interno – Direzione generale servizi antincendi, ed in particolare agli artt. 95, 96, 98, 99, 100, 101, 102 e 103 in quanto applicabili, tenuto conto delle caratteristiche richieste dalle speciali destinazioni dei singoli impianti; le norme degli artt. 97 e 115 sono invece sostituite dalle presenti”.

Attenti alle buche

Non è di Rendina o di qualunque altro organizzatore che bisogna parlare. Qui è chi governa che non adegua il Paese alla modernità. Parliamo di rally, gare che devono mettere alla prova l’equipaggio e il mezzo meccanico con cui si partecipa alla gara. Ma come si fa con l’articolo 2 della circolare del 1962? “Le caratteristiche costruttive della sede stradale (fondo, andamento altimetrico e planimetrico) debbono essere conformi a quelle di una moderna strada, a pavimentazione compatta, in buone condizioni di manutenzione ed esente da alterazioni per lavori in corso od altra causa”. Trovate voi una strada per rally che non abbia buche. E si consideri che la circolare vale anche per i rally su terra e non si applica invece alle “corse fuori strada, su ghiaccio, su sabbia, su cenere, su piste da karts e su piste speciali”.

Deve essere larga

Concedetevi il tempo di leggere l’articolo 3 della Circolare numero 68 del 1962. “La larghezza della sede stradale nei tratti rettilinei deve essere pari ad almeno due corsie quando i sorpassi sono consentiti ed almeno una corsia quando non lo sono. La larghezza di ogni corsia sarà di metri b + 0,042 V con un minimo di metri 3,50 per i veicoli a tre e quattro ruote e di metri 2,50 per i veicoli a due ruote, essendo b la larghezza del veicolo concorrente di maggior ingombro trasversale e V la velocità massima in metri al secondo raggiungibile nel tratto considerato. Per le piste permanenti esistenti è ammessa una riduzione della larghezza del 10 per cento. La larghezza della sede stradale in ogni curva dovrà essere aumentata in funzione del raggio della curva e del suo sviluppo; comunque non dovrà essere inferiore a quella del tratto che la precede.
La larghezza massima in un tratto qualsiasi non dovrà superare i metri 12 per motoveicoli e metri 15 per autoveicoli; se superiore, la sede stradale dovrà essere limitata mediante striscia dipinta continua o dispositivi discontinui non costituenti ostacolo. Le variazioni di larghezza dovranno essere opportunamente raccordate”
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Protezione del pubblico

Anche l’articolo 4 “Fasce d’emergenza” è un po’ un riccio tra le mani, ma peggio è l’articolo 5 “Protezione del pubblico” che viene richiesta da alcuni prefetti: “Le protezioni del pubblico, lungo i tratti del tracciato ove esso è ammesso, saranno determinate secondo l’andamento del terreno e la velocità raggiungibile in ciascun tratto, con i criteri seguenti:
a) il piano di stazionamento del pubblico sarà allo stesso livello o a livello superiore a quello della sede stradale, con pendenza ascendente non superiore ad un quarto (salvo l’esistenza di gradoni o di altre strutture appositamente predisposte);
b) il pubblico sarà contenuto mediante recinzioni continue in rete metallica di adeguata robustezza (o altro dispositivo permanente equivalente) di almeno metri 1,20 di altezza o anche mediante dispositivo provvisorio (transenne o altro equivalente), purché sorvegliato, posti ad una distanza minima dal bordo della pista di metri 6, metri 8, metri 9,50 e metri 11, rispettivamente per velocità massime di 100, 150, 200 ed oltre 200 chilometri ora. Tale distanza è riducibile rispettivamente del 20, 30, 50 per cento, quando il piano di stazionamento del pubblico, sostenuto da muro o terrapieno, sopraelevato di metri 2, metri 3 e metri 3,50;
c) tra il dispositivo di contenimento del pubblico ed il bordo della pista e ad una distanza minima dal primo di metri 3, vi sarà una protezione dimensionata in modo da resistere all’urto del veicolo che uscisse di pista alla velocità massima possibile nel tratto considerato, sotto un angolo di 15o. La distanza è riducibile al minimo di metri 1,50 quando ricorrano per lo stazionamento del pubblico le stesse condizioni di cui alla lettera b);
d) il dispositivo di protezione sarà di norma costituito da un muro in cemento armato di adeguato spessore eventualmente a parete concava verso la pista e di altezza compresa tra metri 1,50 e metri 3 per velocità variabili tra i 100 e i 200 chilometri ora; per velocità superiori l’altezza minima sarà di metri 3; oppure da un muretto di adeguato spessore, di altezza non inferiore a metri 0,90, integrato, per una altezza complessiva compresa tra i metri 2 e metri 3, in rapporto alle velocità come innanzi detto, da una rete e da un sistema di cavi o tondini di acciaio disposti su file orizzontali e sorretti da pali metallici infissi in modo che il piano verticale dei cavi o tondini risulti continuo ed alquanto arretrato rispetto alla superficie di urto verso la pista; la rete dovrà essere applicata anteriormente ai cavi o tondini.
In alternativa, ove esista lo spazio necessario, la predetta rete ed il sistema di cavi o tondini potranno essere posti, indipendentemente dal muretto, ad una distanza minima da esso di metri 5.
In entrambi i suddetti casi, qualora la fascia di sicurezza non sia a fondo erboso o di altro tipo a dissipazione di energia e la sua larghezza sia inferiore al minimo stabilito dall’art.4, la protezione dovrà essere completata da un guardrail o da un rivestimento di balle di paglia o similari, posto in adiacenza del muro o muretto verso la pista, a protezione dei piloti;
e) in sostituzione dei dispositivi di cui al punto precedente, saranno ammessi i seguenti tipi di protezione, per impiego sino alle sottoindicate velocità massime realizzabili (rispettivamente da ridurre o da maggiorare del 20 per cento all’esterno od all’interno delle curve). Tali tipi di protezione dovranno comunque rispondere al requisiti di resistenza all’urto di cui alla precedente lettera c).

1) Velocità fino a 100 chilometri ora:

  • guardrail di tipo stradale a nervature multiple longitudinali, col bordo superiore almeno a metri 0,60 da terra fissato su pali in ferro, su di un piano normale a quello del terreno; per le competizioni motociclistiche il guardrail, se posto a distanza, dal bordo, inferiore ad una corsia, dovrà essere del tipo ricoprente i pali di sostegno oppure rivestito con balle di paglia. Il guardrail sarà integrato da una rete metallica alta metri 1,80 a forte resistenza, fissata mediante fili di ferro del diametro di almeno 4 millimetri su robusti pali di ferro; oppure terrapieno a parete inclinata con pendenza (rapporto tra altezza e base) minima di 1:1 alto almeno 2 metri.

2) Velocità fino a 150 chilometri ora:

  • guardrail come al punto 1) ma di tipo rinforzato, nello spessore della lamiera, e integrato da una rete metallica come al punto 1), per un’altezza complessiva di 2 metri;
  • oppure una rete come al punto 1), ma rinforzata con cavi o tondini di acciaio, alta 2 metri, posta ad una distanza minima di una corsia dal bordo;
  • oppure terrapieno a parete inclinata, come al punto 1), alto almeno metri 2,50.

3) Velocità fino a 200 chilometri ora:

  • guardrail rinforzato come al punto 2, integrato da rete come al punto 1) per un’altezza complessiva di metri 2,20;
  • oppure rete rinforzata come al punto 2), alta metri 2,20;
  • oppure terrapieno a parete inclinata, come al punto 1), alto almeno metri 1,50, con rete rinforzata come al punto 2), alta almeno metri 1,50, posta sul ciglio superiore, normalmente alla scarpata;
  • oppure terrapieno a parete inclinata come al punto 1), alto metri 3,50.

4) Velocità oltre 200 chilometri ora:

  • guardrail rinforzato come al punto 2), integrato da una rete rinforzata con cavi o tondini come al punto 2), per un’altezza complessiva di metri 2,50;
  • oppure terrapieno a parete inclinata come al punto 1), alto almeno 2 metri con rete rinforzata con cavi o tondini come al punto 2), alta metri 1,50, fissata sul ciglio superiore, come al punto 3). In rettifilo ed all’esterno delle curve, è richiesto anche un guardrail rinforzato od un muretto alto metri 0,80 posto ai piedi del terrapieno;
  • oppure terrapieno a parete inclinata come al punto 1), alto almeno 4 metri.

La responsabilità della federazione

Se siete arrivati fin qui, vi sarete resi conto di come una circolare vecchia di 61 anni che integra una circola che di anni ne ha 72 leghi le mani e i piedi a doppio filo agli organizzatori di rally. Tecnicamente e teoricamente, ma anche praticamente, non ci sarebbe quasi un percorso valido per organizzare un rally. Quasi si dovrebbe ringraziare Mamma Burocrazia che con pazienza permette comunque di gareggiare in auto.

L’articolo 8, sempre interpretativo ci fa capire infine, ma questo è un passaggio fondamentale, del perché le varie Commissioni Aci Sport e per quanto ci riguarda la Commissione Rally siano sempre lì a normare in nome della sicurezza (vedi GPS, vedi serbatoi…): perché in poche righe si scarica la responsabilità civile e penale di qualunque situazione sulla federazione sportiva. “Adeguate norme per il controllo e la selezione dei veicoli, il controllo medico e psicotecnico dei piloti, l’equipaggiamento di sicurezza degli stessi, la condotta e i regolamenti di gara, la disciplina e la protezione del personale addetto ai box ed al controllo sportivo della competizione, i servizi di segnalazione e di informazione e la copertura assicurativa, sono devoluti alla competente federazione sportiva (Automobile Club d’Italia o Federazione Motociclistica italiana)”.

Adesso, di chi è la colpa?

Adesso che abbiamo ragionato con il Codice in mano, la nota pubblicata al Rally del Lazio (che aveva l’obbligo di dare la massima visibilità alle prescrizioni imposte dagli enti proprietari delle strade, pena la non concessione dei permessi) che riportiamo di seguito, non dovrebbe più crearvi alcun problema con l’organizzatore della gara, o col direttore, piuttosto che con la federazione accusata di “spillare soldi” ai poveri equipaggi.

“Come predisposto dalle Autorità Amministrative – si legge nel documento a firma di Zambelli – si comunica formalmente a tutti i Concorrenti/Conduttori ed a tutti i team che il percorso di gara, costituito dallo Shake Down e dalle diverse Prove Speciali, possiede curve e/o tratti di percorso che non dispongono dei requisiti, per quanto riguarda la controtendenza trasversale, necessaria e compatibile con le velocità che le vetture da gara, in relazione alle specifiche motorizzazioni, raggiungono considerate le specifiche motorizzazioni e le elevate potenze in gioco. Tale specifica peculiarità del percorso di gara viene segnalata rigorosamente ai concorrenti così come indicata nel road book di gara. Il piano viabile, essendo estremamente variabile, composto peraltro da avvallamenti e/o difetti di pavimentazione, è costituito tra l’altro da diverse asperità e/o curve insidiose e/o esposte. Si presenta in generale in buone condizioni in rapporto alla tipologia ed all’uso cui sono destinate le strade interessate, a meno delle irregolarità segnalate agli organizzatori; di tale caratteristica, unitamente alla circostanza che la strada è stata progettata con tradizionale pavimentazione per il normale utilizzo alla circolazione, e non con pavimentazione agonistica, dovranno essere rigorosamente e obbligatoriamente resi edotti i concorrenti prima dello svolgimento della gara stessa”.

Ecco, prendetevela col governo, con i governi presenti e passati, con chi diffonde online video di incidenti non spiegati ai fini del clickbait e della vendita dei video (che le prefetture rintracciano da YouTube all’edicola) e magari anche con voi stessi che alle elezioni politiche votate la qualunque per “amicizia-simpatia-ignoranza” o peggio che preferite non andare a votare perché è un bel weekend di sole e si può andare al mare.