,

Henri Toivonen, il Flying Finn che entusiasmò il mondo

Henri Toivonen e Fred Gallagher su Opel Manta 400 al Sanremo del 1983

Il 2 maggio 1986, nel corso di un terribile incidente occorso sulla PS18, Henri Toivonen e Sergio Cresto morivano nel rogo scaturito dall’esplosione del serbatoio della Lancia Delta S4. Per anni si sono rincorse diverse supposizioni su cosa avrebbe determinato l’incidente. C’è chi ha attribuito il tutto ad un malore, come Walter Rohrl, chi ha parlato di black out, come Malcolm Wilson. Ma anche chi ha supposto una nota sbagliata o mal capita.

Nel 2020, con la pubblicazione di TOIVO, l’opera italiana più completa su Henri Toivonen firmata da uno dei nostri giornalisti, Marco Cariati, viene fuori (documentata da racconti e foto) la tesi secondo cui la S4 sarebbe uscita di strada quasi certamente a causa di un guasto meccanico (tesi sostenuta anche dal fratello Harri Toivonen, che però pensa si sia rotto il pedale dell’acceleratore): il cedimento di un pezzo della sospensione della vettura, prontamente recuperato da qualcuno e custodito gelosamente per 34 anni.

Esattamente un anno e quattro ore dopo la morte di Bettega, sempre al Tour de Corse, ma sulla PS18, arriva la conferma che quel mese di maggio tanto celebrato da poeti ed artisti, sta diventando una maledizione per il motorsport. Il compagno di squadra di Attilio, Henri Toivonen, ma al volante della Delta S4 (Attilio ebbe l’incidente con la Rally 037), perde a sua volta la vita insieme al navigatore Sergio Cresto, nell’incendio della loro vettura uscita di strada per un guasto meccanico (un pezzo della sospensione della ruota destra si sarebbe staccato quando la vettura era ancora in strada) che l’ha fatta finire in fondo ad un fosso profondo circa 5 metri.

La carriera sportiva di Henri Toivonen

Henri è nato ad Jyvaskyla, la capitale dei 1000 laghi, terra dell’omonimo rally, il 25 agosto 1956. Muore tra le fiamme della sua auto sul Col d’Ominada il 2 maggio 1986, insieme al suo copilota e senza poter neppure accennare una minima reazione. Aveva iniziato a correre nel 1975 nelle particolari gare sul ghiaccio con una Simca Rallye, per poi passare due anni dopo alla Sunbeam Avenger. Nel 1978, alla guida di una Citroen CX, corre in Portogallo e all’Acropoli, ma in entrambe le gare non arrivò al termine. Lo stesso anno, con una Talbot del Gruppo 2 corre al RAC arrivando nono.

Nel 1979 corre molto in Inghilterra con una Ford Escort del Gruppo 4 alternata ad altre macchine, tra cui una Fiat 131 Abarth Rally ufficiale, avuta grazie a suo padre, molto amico di Cesare Fiorio. Nel 1980 diventa pilota ufficiale Talbot, correndo con una Sunbeam Lotus insieme a Guy Fréquelin. Vince l’Artic e il RAC, aggiudicandosi a 24 anni, 3 mesi e 24 giorni il primato di pilota più giovane a vincere un rally iridato.

Successivamente è quinto al Sanremo del 1980 e al MonteCarlo del 1981, trovandosi accanto come navigatore Fred Gallagher, uno che non parla la sua lingua e che conosce solo l’inglese: per capirsi nomineranno le curve cattive, veloci e medie. Nel 1981 si piazza secondo in Portogallo e in Italia. Nel 1982 e 1983 entra nel Team Rothmans, in squadra con Walter Rohrl, con una Opel Ascona 400 e Manta 400, ottenendo molti ritiri, rimonte storiche, ma poche soddisfazioni.

Nell’attesa di correre il Campionato Europeo Rally con una Porsche 911 a trazione integrale, corre il San Marino con una Ferrari 308 GTB, ma è costretto a ritirarsi per la rottura della scatola dello sterzo. Nel 1984 è secondo all’Europeo con la 911 del Team Rothmans (malgrado la Porsche non fosse mai stata omologata e piena di problemi) aggiudicandosi cinque gare, compreso il Costa Smeralda, nonostante corresse con le “stampelle” per problemi fisici, a causa dell’incidente in una gara karting.

Henri Toivonen nel 1981 durante una pausa del Rally di Sanremo, valevole come Rally d'Italia
Henri Toivonen nel 1981 durante una pausa del Rally di Sanremo, valevole come Rally d’Italia

Il debutto con la 037, poi la Delta S4

Nel frattempo debutta con la Lancia Rally 037 in qualche gara del mondiale, conquistandosi la fiducia di Cesare Fiorio che lo vuole nel Team Lancia Martini Racing, passando definitivamente nel 1985 a far parte della casa torinese, e vivendo la fase finale della 037, ormai sorpassata dalle vetture a quattro ruote motrici; in Costa Smeralda però esce di strada infortunandosi nuovamente alle vertebre, rimanendo fermo per due mesi. Lancia, per stare al passo con la nuova tecnologia delle quattro ruote motrici (più competitive sullo sterrato), ha già pronta la nuova “arma”, la Delta S4.

L’inizio della stagione 1986 lo vede tra i favoriti per la vittoria finale del Mondiale, ottenendo subito una vittoria a Monte Carlo. In Svezia, quando era già in testa dopo poche speciali, una rottura di una valvola lo costrinse al ritiro. In Portogallo, dopo la prima speciale (con le tre Lancia di Markku Alén, Toivonen e Miki Biasion già in testa) ci fu uno sciopero bianco dei piloti, i quali, in seguito all’incidente di Santos con la Ford RS200, in cui rimasero uccisi tre spettatori, decisero di non partire per le speciali successive per le scarse misure di sicurezza dei tifosi lungo i tracciati.

Come conferma anche il libro TOIVO, decisamente l’opera più attendibile e recente, frutto di ricerche che tessono tante inchieste (leggi la recensione di WRC.com), Toivonen fu portavoce della protesta di tutti i piloti ufficiali che partecipavano al Rally. Al Costa Smeralda ottenne la vittoria in maniera schiacciante, anche considerando che per alcune speciali ebbe un guasto al compressore volumetrico della Delta S4.

Al Tour de Corse del 1986, Toivonen prende immediatamente la testa della corsa, con ampi distacchi: dopo diciassette prove speciali distanziava di due minuti e quarantacinque secondi il pilota che al momento era appena dietro di lui nella temporanea classifica del rally, il francese Bruno Saby. Malauguratamente uscì di strada sulla discesa del Col d’Ominanda, lungo una curva a sinistra apparentemente facile, ma che comunque confinava con un burrone molto ripido, pieno di alberi e non protetto da muretti o guard rail.

L’auto, cappottando, urtò con il fondo un fusto di un albero, e il serbatoio della benzina, che si trovava sotto i sedili, fu compresso fino alla rottura; la benzina, venendo a contatto con le parti incandescenti del turbocompressore e dei collettori di scarico, si incendiò e con essa l’intera auto, che aveva appena finito di cappottare fermandosi sul tetto. Non ci fu scampo per Henri e per il suo navigatore, Cresto.