Riforma lavoro sportivo, cosa c’è da sapere
Aci Sport ha pubblicato una nota per chiarire le nuove norme introdotte dal decreto sulla riforma del lavoro sportivo. Che ovviamente riguarda anche l’automobilismo
A poco più di due mesi dalla sua entrata in vigore, lo scorso 1° luglio, Aci Sport ha pubblicato sul suo sito una nota con cui cerca di fare chiarezza sul decreto legge 36/2021, ovvero la riforma del lavoro nel mondo dello sport. Un intervento che prevede importanti modifiche nei rapporti di lavoro in ambito sportivo. Un argomento, la riforma del lavoro, che abbiamo trattato sul numero di agosto di RS.
In queste settimane dal Ministero sono usciti chiarimenti ed integrazioni al testo del DL in quanto, come è facile da capire, gli ambito del lavoro in campo sportivo sono disparati ed articolati ed è quindi necessario stabilire con esattezza le figure e la loro posizione dal punto di vista normativo.Aci Sport specifica che sono definiti lavoratori sportivi atleti, allenatori, istruttori, direttori tecnici, preparatori atletici e direttori di gara che per il loro lavoro ricevono un compenso. Sono lavoratori sportivi anche i tesserati che – ricevendo un corrispettivo – svolgono mansioni necessarie per lo svolgimento di attività sportiva, tranne quelle di carattere amministrativo-gestionale. Non sono, invece, lavoratori sportivi coloro la cui attività è al di fuori dell’ordinamento sportivo e che appartengono agli ordini professionali. Un esempio calzante è l’addetto stampa di una società sportiva o di una federazione.
Nella riforma del lavoro sono definiti volontari, invece, coloro che si mettono a disposizione in modo spontaneo e gratuito, senza fini di lucro. Le loro prestazioni non devono essere retribuite ma possono essere rimborsate esclusivamente le spese documentate di vitto, alloggio, viaggio e trasporto per prestazioni effettuate fuori del Comune di residenza che, fino alla cifra di 150 euro mensili, può venire rimborsata sulla base di un’autocertificazione. Per gli importi superiori invece è necessario documentare le spese.
La riforma del lavoro prevede che i rimborsi forfettari non siano più ammissibili e debbano essere trattati come corrispettivi veri e propri. Sono ammessi esclusivamente per i direttori di gara per le spese sostenute per attività svolte anche nel proprio Comune di residenza.
I compensi ricevuti saranno considerati redditi da lavoro subordinato o autonomo e sarà quindi necessario stipulare appositi contratti con i collaboratori o con i lavoratori sportivi, applicando le ritenute fiscali e previdenziali previste dalla norma. Per il lavoro sportivo sono previste le seguenti soglie di esenzione: 5000 euro ai fini previdenziali, 15mila ai fini tributari. Fino a tale soglia, parlando di dilettantismo, i compensi per lavoro sportivo, quindi, non costituiscono base imponibile ai fini fiscali. Se i compensi superano il limite di 15mila euro, concorrono a formare il reddito solo per la parte eccedente.
I pagamenti (quando li riceve il lavoratore deve produrre un’autocertificazione) fino a 5.000 euro annui come accaduto fino al 1° luglio, sono esentasse, ovvero senza applicazione di ritenute; da 5.001 a 15.000 euro annui è necessario tenere conto dei versamenti ad INPS e INAIL mentre oltre i 15.000 euro annui occorre tenere conto anche dell’IRPEF. Se chi riceve la cifra è un dipendente pubblico, nella autocertificazione che produrrà al momento in cui riceve il pagamento, deve dichiara l’autorizzazione da parte dell’Amministrazione di appartenenza. Per i rimborsi spese ai volontari non retribuiti, invece, basta la semplice comunicazione alla propria Amministrazione da parte del volontario.
È chiaro che, e lo sottolinea anche Aci Sport, che per le singole posizioni di licenziati o associazioni è consigliabile rivolgersi a professionisti e consulenti di propria fiducia.