Adamo ci riporta in paradiso
Con un cognome così è fin troppo facile parlare di nemesi biblica. Ma il fatto è che è proprio vero: il rallysmo italiano dal 1° gennaio 2019 è tornato nel paradiso della specialità grazie ad Adamo, ingegnere Andrea. Certo, non è la stessa cosa che riavere un pilota che si giochi il titolo mondiale, ma il titolo mondiale se lo giocherà un team con un capo italiano: non accadeva dai tempi della Lancia pigliatutto creata da Cesare Fiorio. Ed anche se si tratta di due che più diversi non si può (semmai Adamo per estrazione e cultura richiama più un altro ingegnere, Claudio Lombardi), sono entrambi frutto della tradizione italica del reparto corse del Gruppo Fiat che fu.
In fondo l’ultima Abarth vincente nei rally è proprio figlia del ‘paradisiaco’ ingegnere piemontese: la Grande Punto S2000 campione d’Europa e d’Italia. Quella Grande Punto che diede la vana l’illusione di rivedere le maccchine italiane nel mondiale. Sirena che portò Rossetti in Abarth. E poi entrambi, Andrea Adamo e Luca Rossetti, (quest’ultimo fresco vincitore con la Hyundai di 2 Valli e Monza ed in odore di CIR 2019) di negativa conseguenza comunque a percorrere altre strade professionali.
Adamo in Honda Jas riallacciandosi alle sue origini pistaiole (per lui da tecnico tutto iniziò con l’Alfa da DTM) per poi tornare al prodotto, ma speciale – la nuova Giulia Quadrifoglio da 510 cavalli – nel Gruppo prima di accettare accettare la proposta di Hyundai: creare un reparto sportivo clienti e dare sostanza ad una i20 R5 che rischiava di morire ancora prima di diventare qualcosa di più di una maquette da salone. In soli sei mesi e fra mille difficoltà la R5 da rally è nata ed in questo momento, dopo due anni di sviluppo, sembra essere la migliore delle rivali della imperante Skoda Fabia.
Intanto Adamo in un paio d’anni ci ha anche, anzi soprattutto, aggiunto il titolo mondiale turismo 2018 con la i30: gestita dalla cuneese BRC – altro ricettacolo di ex Abarth, team peraltro capace pure di vincere un CIR con Basso e la Fiesta R5. E con al volante quel Gabriele Tarquini con cui Adamo aveva tanto e proficuamente lavorato in Jas. Quel titolo mondiale – piloti o costruttore che fosse – che in sei anni il suo predecessore al timone della squadra ufficiale WRC non è riuscito a centrare.
Con il conseguente avvicendamento al vertice. Adesso tocca al nostro campione provarci, con il suo curriculum di vincente, con la sua straordinaria determinazione che gli ha permesso di superare ogni difficoltà nel lavoro e nella vita. Lui alla fortuna deve poco. Sarebbe il caso che la sorte stavolta sia di manica un po’ più larga, non tanto per lui che è abituato a non contarci, quanto per il rallysmo italiano che ha tanto bisogno di dimostrare che non si è perso per strada insieme ad una leggenda da capelli bianchi, ma che il suo DNA è ancora vivo e vegeto: e si possa continuare a sperare che prima o poi riaffiori anche in abitacolo. Adamo stavolta coglici il frutto della vittoria ed evita la mela del peccato.