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Cose di un altro mondo: qualche esempio dalla recente cronaca

Alexey Lukyanuk fora e si ritira

Si dice che le leggi italiane siano – almeno sul piano teorico – le migliori del mondo. Le leggi di ispirazione anglosassone invece sembrano prevalere in fatto di pragmaticità. Il problema è quando le due legislazioni si incrociano. E ultimamente questo sta accadendo anche nei rally, dove è addirittura clamorosa la differenza fra quanto accade nel nostro paese e nelle sue gare, e quello che capita nei rally che cadono sotto la giurisdizione internazionale.

Qualche esempio dalla recente cronaca spicciola. Rally di Roma: Alexey Lukyanuk si becca la penalità discrezionale di un minuto per la misura del passo non corretta in una occasione su tre controlli in diversi momenti. Per la stessa infrazione – e sempre su una Citroen C3 R5 – Emma Falcon si è beccata una penalità di 30 secondi. Il principio: penalità più alta a chi va più forte.

Al Barum Rally il titolo Junior ERC3 è passato dal lettone Ken Torn allo spagnolo Efrem Llarena perchè a gara conclusa i commissari hanno deciso di modificare il tempo imposto di Franceschi sull’ultima prova speciale, con conseguente rivoluzione della graduatoria di gara e di campionato. Motivo: a quella prova era arrivato con problemi tecnici per cui non avrebbe potuto fare il tempo inizialmente assegnato. Discrezionalità totale e immediata, seppure secondo una logica.

Impensabile a casa nostra. Dove, invece, l’ormai famoso caso di Lorenzo Grani al Marca Trevigiana (in sintesi: squalifica dovuta ad una mancata trascrizione del regolamento tecnico FIA nel regolamento nazionale) si è trascinato per tutta l’estate e infine ha visto il solo parziale accoglimento dell’appello.

In pratica: restituzione del deposito cauzionale, riammissione in classifica – che era la cosa più importante e giusta – ma imposizione di una ammenda, che per quanto modesta è un ingiusto schiaffetto (a meno che l’ammenda non la paghi ACI Sport che è la causa e, per quanto ne sappiamo, anche la beneficiaria della sanzione), ma conferma il principio che ogni intervento di correzione sulle norme – anche se sbagliate – non è retroattivo, e che la legge non ammette ignoranza.

D’istinto verrebbe da dire: viva gli anglosassoni! Ma a ben rifletterci non è poi così entusiasmante, e soprattutto tutelante, la discrezionalità totale. Se le norme e le pene sono certe, le conoscenze tecniche di chi giudica non è detto che siano altrettanto solide.

E proprio non si capisce quale sia il metro logico del caso Lukyanuk-Falcon: ammesso e assolutamente non concesso che si possa differenziare una pena a seconda delle prestazioni del pilota, qual è la formula? E se in Italia chi fora in una prova che viene poi sospesa ha avuto fortuna e non paga dazio (nel tempo imposto), cosa si direbbe se si decidesse di rifilargli magari un minuto in più?

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